Dopo l’articolo, pubblicato su questo stesso numero, che esamina il riordino delle tipologie contrattuali e i contratti a tutele crescenti, passiamo agli altri decreti approvati dal Consiglio dei Ministri del 20 Febbraio u.s..
Ammortizzatori sociali
Il Consiglio dei Ministri del 20 febbraio u.s. ha approvato un decreto legislativo che contiene disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati.
Naspi
Si introduce la Naspi, “nuova assicurazione sociale per l’impiego”, fondata sull’universalismo delle tutele. Vale per gli eventi di disoccupazione che si verificano a decorrere dal 1° maggio 2015 e per tutti i lavoratori (ad esclusione della P.A. e dell’agricoltura) che abbiano perso l’impiego e che abbiano cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 18 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi. La base retributiva della Naspi sono gli ultimi 4 anni di impiego (anche non continuativo) rapportati alle settimane contributive e moltiplicati per il coefficiente 4,33.
La durata della prestazione è pari ad un numero di settimane corrispondente alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni di lavoro (max. = 208 : 2 = 104. Si riducono però a 78 settimane massime nel 2017).
L’ammontare dell’indennità è commisurato alla retribuzione e non può eccedere il massimale di 1.300 euro, rivalutato ogni anno. Dopo i primi 4 mesi di pagamento, la Naspi viene ridotta del 3% al mese e la durata prevista è di un numero di settimane pari alla metà di quelle contributive degli ultimi 4 anni di lavoro.
L’erogazione della Naspi è condizionata alla partecipazione del disoccupato ad iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale, che gli saranno proposte.
Asdi
Viene introdotto in via sperimentale, per quest’anno, l’Asdi assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità (verifica ISEE). La durata dell’assegno, che sarà pari al 75% dell’indennità Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito.
Dis-Col
Per i co.co.co anche a progetto (iscritti alla Gestione separata INPS) che perdono il lavoro c’è l’indennità di disoccupazione Dis-Col (Disoccupazione per i collaboratori). Sono però escluse le partite Iva ed i pensionati, come pure gli amministratori e i sindaci delle società.
Presuppone tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione alla data del predetto evento. La prestazione sarà mensile e non più “una tantum”.
Il suo importo e’ rapportato al reddito e diminuisce del 3% a partire dal quarto mese di erogazione. La durata della prestazione è pari alla metà delle mensilità contributive versate e non può eccedere i 6 mesi. Anche questa indennità è condizionata alla partecipazione regolare ad iniziative di politiche attive e alla riqualificazione professionale indicata dai servizi per l’impiego.
Maternità e conciliazione dei tempi di vita e di lavoro
Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legislativo contenente disposizioni in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, a norma dell’articolo 1, commi 8 e 9 della legge n. 183 del 2014.
E’ un provvedimento che interviene sul testo unico a tutela della maternità (n° 151 del 26 marzo 2001) con misure volte a sostenere le cure parentali e a tutelare la maternità delle lavoratrici, anche tenendo conto degli interventi della Corte Costituzionale.
Sul congedo obbligatorio di maternità, si rende più flessibile la fruizione per casi particolari come il parto prematuro o il ricovero del neonato. Nel primo caso, infatti, i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto sono aggiunti al periodo di congedo di maternità post partum anche quando la somma dei due periodi superi il limite complessivo dei 5 mesi; nel secondo caso, si prevede la possibilità di usufruire di una sospensione del congedo di maternità, a fronte di idonea certificazione medica che attesti il buono stato di salute della madre. Entrambe le soluzioni sono dirette a favorire il rapporto madre-figlio senza rinunciare alle tutele della salute della madre.
Il decreto prevede un’estensione massima dell’arco temporale di fruibilità del congedo parentale dagli attuali 8 anni di vita del bambino a 12. Quello parzialmente retribuito (30%) viene portato dai 3 anni di età del bambino a 6 anni; quello non retribuito dai 6 anni di vita del bambino ai 12 anni. La stessa previsione viene introdotta per i casi di adozione o di affidamento, per i quali la possibilità di fruire del congedo parentale inizia a decorrere dall’ingresso del minore in famiglia. In ogni caso, resta invariata la durata complessiva del congedo.
In materia di congedi di paternità, viene estesa a tutte le categorie di lavoratori, e quindi non solo come oggi per i lavoratori dipendenti, la possibilità di usufruire del congedo da parte del padre qualora la madre sia impossibilitata a fruirne per motivi naturali o contingenti.
Sono inoltre state introdotte norme volte a tutelare la genitorialità in caso di adozioni e affidamenti prevedendo estensioni di tutele già previste per i genitori naturali.
Oltre agli interventi di modifica del testo unico a tutela della maternità, il decreto contiene due disposizioni innovative in materia di telelavoro e di donne vittime di violenza di genere.
La norma sul telelavoro prevede benefici per i datori di lavoro privato che vi facciano ricorso per venire incontro alle esigenze di cure parentali dei loro dipendenti. In particolare, per il riconoscimento dei benefici si esclude dal computo dei limiti numerici previsti dalle leggi e dai contratti i telelavoratori che rientrino nella fattispecie individuata dal decreto.
La seconda norma introduce il congedo per le donne vittime di violenza di genere ed inserite in percorsi di protezione debitamente certificati e, quindi, si prevede la possibilità per queste lavoratrici dipendenti di imprese private di astenersi dal lavoro, per un massimo di tre mesi, per motivi legati a tali percorsi, garantendo l’intera retribuzione, la maturazione delle ferie e degli altri istituti connessi. Viene anche introdotto il diritto di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale a richiesta della lavoratrice.
Le collaboratrici a progetto hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per analoghi motivi, sempre per un massimo di tre mesi. Le lavoratrici autonome iscritte alla gestione separata avranno diritto all’indennità di maternità anche se il committente non ha versato i contributi.
La copertura finanziaria limiterebbe l’utilizzo di molte di queste misure al solo 2015, aprendo un problema che andrà risolto per la piena efficacia delle normative.
Disciplina delle mansioni
Nel decreto legislativo recante il testo organico delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni, troviamo il Titolo IV riguardante specificamente la “disciplina delle Mansioni”.
All’art. 55 sui mutamenti delle mansioni si riscrive l’articolo 2103 del codice civile come segue:
Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.
In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore.
Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.
Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore possono essere previste da contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Nelle ipotesi di cui al secondo e quarto comma, il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.
Nelle sedi “cosiddette protette” previste dalla legge possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita.
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione diviene definitiva, salva diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.
Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.