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In gioco è l ‘organizzazione dell’azienda

La dimensione spazio temporale del lavoro per molte prestazioni è cambiata da tempo grazie all’uso delle tecnologie. Non ce ne siamo accorti? Credo di sì. Lo viviamo sulla nostra pelle tutti i giorni. Alcune volte il tempo di lavoro e di non lavoro non si distinguono più e quello che vediamo è ancora poco rispetto agli sviluppi che ci saranno in futuro. E forse la normativa sul lavoro agile non riuscirà a cogliere fino in fondo gli effetti che le tecnologie hanno già e avranno sempre più, in prospettiva, sul modo di lavorare.  

Il tema ultimamente desta molta curiosità e attenzione e la legge darà una spinta alla diffusione del lavoro agile, perché interviene soprattutto su uno dei fattori più critici che ne avevano ostacolato lo sviluppo ovvero, la tutela rispetto agli adempimenti previsti per la salute e sicurezza quando la prestazione viene svolta fuori dal luogo di lavoro. Tecnicamente questa era l’obiezione più forte, anche se è l’eventualità più rara. Inoltre la normativa sul lavoro agile interverrà sulla durata del tempo di lavoro che non potrà essere più lunga di quella stabilita dalla legge. Problema altrettanto rilevante.

Il lavoro agile o come si usa dire smart working, ha numerosi vantaggi, non solo di tipo economico. Si presenta bene dal punto di vista dell’immagine e questa sua identità non andrebbe sottovalutata perché è un fattore che può incidere positivamente sulla genitorialità e sulla gestione del periodo di congedo per maternità. Indifferentemente per donne e uomini. Il lavoro agile offre infatti l’opportunità di gestire meglio il proprio tempo, pare non incida negativamente sui percorsi di carriera, non fa venire meno i rapporti relazionali con i colleghi, non ti isola. Può insomma, al contrario di congedi e dello stesso par time, offrire ad aziende e lavoratori una modalità soft di gestione dei carichi di cura e non solo. Può portare le donne a gestire in maniera più flessibile il periodo di congedo, magari a scelta accorciandolo o rendendolo frazionabile, e offrire agli uomini l’occasione, oltre i luoghi comuni, di contribuire a risolvere problemi di cura di bambini e anziani non autosufficienti. Con una modalità di gestione delle variazioni dell’orario e dello spazio di lavoro meno problematica anche dal punto di vista degli oneri amministrativi. 

La spinta c’è. Ma rischia di perdere l’effetto propulsivo che potrebbe avere se aziende e parti sociali non saranno in grado di cogliere alcuni aspetti più strutturali, relativi all’organizzazione del lavoro nel suo complesso, che l’introduzione della modalità di lavoro smart presenta. 

A meno che non venga utilizzato in forma residuale, per pochi giorni al mese, il lavoro smart supera infatti alcune rigidità organizzative proprie del novecento ed è incentrato su un paradigma di gestione del capitale umano nuovo, basato sulla professionalità e sui risultati. Dove l’autonomia e il coinvolgimento superano la logica gerarchica dell’etero direzione delle persone. Senza questa consapevolezza si corre il rischio di utilizzare il lavoro agile come una reazione semplicistica, circoscritta alle tecnologie di uso più comune, mentre le stesse tecnologie, anche le più sofisticate, continueranno in modo dirompente a cambiare le percezioni, i luoghi e il modo di lavorare.

È questa la vera novità del lavoro agile o meglio l’opportunità che le aziende dovrebbero cogliere, visto che ne hanno facilmente identificato e valutato le convenienze. La stessa cosa vale per il sindacato che attualmente pone spesso il problema di non volersi limitare ad essere un semplice certificatore di relazioni che possono tranquillamente essere gestite senza il suo contributo. Quando dovrebbe sempre più occuparsi anche di organizzazione del lavoro.

L’autonomia nella collocazione spazio temporale della prestazione lavorativa sarebbe quindi incompleta se non inserita in dinamiche organizzative e di gestione delle persone in cui la leadership, una cultura aziendale trasparente, un clima di fiducia sono i presupposti per ottenere i migliori risultati dall’adozione di prassi di lavoro flessibili e per poter utilizzare il lavoro agile. Esso implica un cambiamento della prospettiva organizzativa. Vanno esaminate le funzioni e le mansioni che possono essere svolta a distanza anche rispetto alle implicazioni relazionali con i colleghi, il capo e le informazioni e i supporti necessari a svolgere in modalità diversa il lavoro assegnato. Va valutato attentamente il grado di autonomia del lavoratore e della lavoratrice. 

Inoltre, nella prestazione a distanza cambiano le modalità di coordinamento e controllo del lavoro e il responsabile dovrà adottare un sistema diverso di supervisione, valutazione dei risultati, etc. Non essendoci più il cartellino e a volte non essendo semplice misurare la quantità e la qualità dei risultati – o controllare che il dipendente sia online a svolgere il suo lavoro – perché funzioni, il rapporto tra capo e smartworker deve essere improntato alla massima fiducia. 

Riprendendo una definizione di Eurofound sulla flessibilità esiste una via ricca all’introduzione del lavoro agile in azienda e una via povera. La via povera è quella che prevede una veloce applicazione di questa modalità organizzativa ai processi lavorativi in cui la tecnologia disponibile è il fattore abilitante. La via ricca al lavoro smart al contrario passa per una rivisitazione complessiva degli schemi organizzativi compresi gli orari a partire dalla riduzione delle gerarchie e dall’adozione di schemi in cui i lavoratori partecipano, sono coinvolti. 

E’ noto che in Italia scontiamo una certa arretratezza in tema di innovazione organizzativa. Le forme di gestione flessibile degli orari continuano a rispondere ad esigenze di controllo o, al massimo, di conciliazione vita-lavoro. Conosciamo, al contrario, alcune esperienze in cui sono stati realizzati interventi più strutturati sui sistemi di orario in generale (non solo smart), associati all’introduzione del lavoro in team e quindi ad una maggiore polifunzionalità e fungibilità delle mansioni o all’adozione di schemi di orario definiti a menu in cui vi è un margine di autonomia nella scelta da parte dei lavoratori, che dimostrano che lì le cose vanno un poco meglio. Per la qualità del lavoro da un lato e per l’efficienza e la produttività delle imprese dall’altro. 

La via alta all’introduzione del lavoro smart non è dietro l’angolo anche se l’attenzione nei confronti delle dinamiche organizzative sembra aumentata e il nuovo decreto sul salario di produttività (legge di stabilità 2016) offre delle opportunità in più rispetto al passato, visto che introduce anche il tema della partecipazione dei lavoratori all’organizzazione del lavoro. 

La dimensione organizzativa quindi resta la strada maestra. Il tempo di lavoro può essere più flessibile e la modalità smart è solo una delle leve che aziende e parti sociali hanno a disposizione. Il problema è usarle meglio e ciò implica cambi di paradigma che come abbiamo visto hanno poco a che fare con le regole del gioco e molto con la cultura delle parti in causa. 

 

 

 (*) Dirigente e project manager di Italia Lavoro. Le opinione espresse sono di carattere personale e non coinvolgono la struttura di appartenenza.

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