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Donne e tempi inconciliabili: scoraggiate al Nord. Inattive a Sud.

Lo scorso ottobre è stato pubblicato il n. 2 della rivista Sociologia Italiana AIS Journal of Sociology. Tra gli saggi e i focus trattati in questo numero, risulta interessante, per i temi di questa Newsletter, il lavoro di Cataldo e Tosi su “L’effetto scoraggiamento tra atipicità occupazionale e conciliazione famiglia-lavoro. Un’analisi comparata tra Nord e Sud Italia”. Come chiaramente evidenziato nel titolo, gli Autori analizzano lo scoraggiamento lavorativo tra le donne italiane, concentrandosi sulla conciliazione famiglia-lavoro e sull’atipicità lavorativa, in prospettiva comparata tra Nord e Sud. 

Un tema oramai molto discusso in quanto strutturale spina nel fianco del mercato del lavoro italiano: gli ostacoli incontrati dalle donne nel confrontarsi con il mercato restano elevati, strettamente connessi alla carenza di servizi capaci di «liberarle» dal doppio carico famiglia/lavoro; servizi che – specie nel Mezzogiorno – registrano estremi ritardi sia per diffusione che per qualità dell’offerta. Resta tuttavia interessante guardare quanto emerge da lavoro di Cataldo e Tosi perché, trattando sapientemente i dati Istat, rilevano un doppio effetto negativo della carenza dei servizi all’infanzia: da un lato, un adeguamento verso l’inattività tradizionale al Sud; dall’altro lato, uno scoraggiamento al Nord. Scoraggiamento che risulta maggiore tra le lavoratrici atipiche.

L’analisi si basa sui dati Istat (Rilevazione Trimestrale sulle Forze Lavoro – 2006/2009) utilizzando unicamente il primo trimestre di ogni anno. Il campione include le italiane di età compresa tra i 20 e i 60 anni, suddivise in cinque sotto-gruppi in base al grado di attaccamento al mercato del lavoro: le occupate; le disoccupate; le «potenziali» (che cercano lavoro, la cui ultima ricerca non è però avvenuta nell’arco del mese precedente); le scoraggiate (che non sono impegnate in ricerche di lavoro, ma si dichiarano disponibili) e le unattached o inattive (che non manifestano interesse nella ricerca di un’occupazione). Adottando un modello di regressione «probit», con selezione del campione, gli Autori distinguono le caratteristiche delle donne inattive da quelle delle scoraggiate, al netto delle differenze che contraddistinguono questi due gruppi dalle altre donne, che presentano un legame più forte con il mercato (occupate, disoccupate e potenziali). 

Le equazioni alla base del modello sono due:

  • la prima, stima la probabilità di essere inattive rispetto all’essere maggiormente attaccate al mercato del lavoro (occupate, disoccupate e potenziale) = modello di “selezione” che include le seguenti variabili indipendenti: titolo di studio (alto=laurea, medio=diploma, basso=medie), età (20-30; 30-40; 50-60), appartenenza territoriale (Nord, Centro, Sud), avere un figlio in età prescolare (0-5 anni) o scolare/adolescente (6-18 anni), numero di componenti in famiglia (1-6), aver avuto precedenti esperienze lavorative (sì, no), effetti periodo (2007, 2008, 2009).
  • La seconda stima la probabilità di essere scoraggiate all’interno del gruppo di donne che non cercano attivamente lavoro = modello scoraggiamento che include, oltre a tutte le variabili del primo, la condizione occupazionale nell’anno precedente (occupata, atipica, disoccupata, in cerca di prima occupazione, inattiva), il fatto di ritenere che i servizi all’infanzia siano inadeguati (sì, no) e di avere un partner (sì, no).

Nella tabella che segue si analizzano le differenze tra gli unattached (posti uguale a 0) e gli scoraggiati (uguale a 1). Quanto emerge è il quadro seguente:

  • le donne con un figlio in età prescolare sono sovra-rappresentate tra le inattive che vorrebbero lavorare;
  • per queste donne, pur mantenendo la volontà di voler lavorare, il rischio di non riuscire a trovare un impiego aumenta con la percezione del malfunzionamento dei servizi all’infanzia.

 

Modello «probit» con selezione del campione sulla probabilità di essere una donna scoraggiata (1) o inattiva (0)

Scoraggiamento

Coef.

Robust E.S.)

Regione (Ref: Nord)

 

 

Centro

0,23***

(0,02)

Sud

0,45***

(0,02)

Regione X Inadeguatezza servizi

 

 

Centro X servizi inadeguati

0,12

(0,12)

Sud X servizi inadeguati

-0,32***

(0,08)

Servizi all’infanzia inadeguati

0,85***

(0,07)

Figlio (0 – 5) 

0,12***

(0,02)

Figlio (6 – 18) 

0,08***

(0,02)

Partner (Ref: no)

0,11***

(0,02)

Condizione occupazione (t-1) (Ref: standard)

 

 

Atipico

0,22**

(0,07)

Disoccupato

0,47***

(0,05)

In cerca di prima occupazione

0,57***

(0,06)

Inattivo

-0,22***

(0,05)

Costante

-0,98***

 

P

0,26***

(0,02)

Log-likelihood

 

-85847,94

N modello di selezione

 

147.252

N modello scoraggiamento

 

44.021

       Fonte: Cataldo e Tosi (2013), p. 56.    

 

Vista la strutturale differenza nell’offerta di servizi all’infanzia tra Nord e Sud del Paese, l’appartenenza territoriale gioca un ruolo chiave; le donne meridionali che percepiscono i servizi all’infanzia carenti sono infatti esposte in maniera minore al rischio scoraggiamento: 

  • per le italiane del Nord con un figlio in età prescolare vedono nell’inadeguatezza dei servizi un fattore di rischio al ritorno sul mercato del lavoro: esse tendono a voler rimanere sul mercato del lavoro e, in presenza di figli piccoli, necessitano di una rete di strutture che le agevoli nel conciliare occupazione e attività domestica;
  • per le italiane del Sud con un figlio piccolo, la scarsità dei servizi tende a provocare un fenomeno di adeguamento più che di scoraggiamento: qui lo scoraggiamento (coefficienti della variabile «regione») non è imputabile alla qualità dei servizi all’infanzia e le neo-madri tendono ad allontanarsi dal mercato del lavoro senza desiderare di ritornarci.

Analizzando ora la relazione tra posizione occupazionale e grado di attaccamento al mercato del lavoro, gli Autori fanno notare come le donne precedentemente disoccupate, in cerca di prima occupazione o assunte con contratti di lavoro atipico presentino rischi più alti di scoraggiamento, rispetto a quelle che erano occupate in lavori standard. Si profilerebbe, in altre parole, «una duplice caratterizzazione dell’inattività»:

  • per le donne occupate in posizioni standard, la non ricerca del lavoro può essere una scelta;
  • per le atipiche (lavoratrici con contratto a tempo determinato, a chiamata, o a collaborazione) può comportare un senso d’inadeguatezza verso il mondo del lavoro circostante.

Confermando le ipotesi sul tema, quindi, le atipiche rischiano di intraprendere un processo di emarginazione dal mercato del lavoro.

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