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E’ ora di collegare il servizio civile al lavoro

La nomina di Matteo Renzi a Presidente del Consiglio apre uno spiraglio nuovo per la tanto attesa riforma del Servizio Civile, richiesta ed invocata soprattutto dalle Associazioni e dagli Enti che hanno investito in questo settore, a partire dagli anni in cui il Servizio Civile costituiva unicamente l’istituto sostitutivo del servizio militare per i giovani obiettori di coscienza.

In questi anni, il Servizio Civile Volontario si è rivelato una straordinaria occasione  di formazione e partecipazione, di educazione alla cittadinanza attiva; una formidabile opportunità di educazione alla pace, alla solidarietà ed uno strumento di coesione sociale: una moderna ed autentica forma di difesa non armata della Patria, a partire dalle persone che la abitano, dal suo capitale umano, dall’immenso patrimonio culturale, storico, artistico ed ambientale.

Nel suo percorso di avvicinamento alla segreteria nazionale del suo Partito e poi alla carica di Presidente del Consiglio, il giovane ex Sindaco di Firenze ha spesso parlato di servizio civile quale effettiva risorsa per il Paese, avanzando anche ipotesi ed orientamenti -tipo quelli sull’obbligatorietà e la durata- che non sempre ci hanno convinti. Qualcuna delle soluzioni prospettate non l’abbiamo condivisa. E’ però innegabile che le dichiarazioni di Renzi ci fanno ben sperare per un inserimento del tema nell’agenda politica. 

Altro segnale positivo che leggiamo è l’emendamento proposto alla legge di stabilità dall’On. Giulio Marcon che introduce i corpi civili di pace ed offre possibili sponde e collegamenti sul versante servizio civile.

Nei giorni scorsi ho partecipato ad un incontro che la Conferenza degli Enti accreditati, la CNESC, ha avuto con alcuni parlamentari dell’intergruppo sul terzo settore. Quell’incontro ha confermato che esistono pareri diversi, anche all’interno dello stesso partito, con posizioni ed impostazioni spesso lontane tra di loro. Ci sarà pertanto bisogno di un dibattito serio, articolato ed approfondito, speriamo in tempi non lunghissimi, per poter arrivare ad un testo di legge di riforma condiviso. 

Noi siamo disponibili a confrontarci e ad offrire suggerimenti utili; siamo fiduciosi anche per la presenza nelle aule parlamentari di deputati e senatori che provengono dal mondo associativo ed hanno avuto modo di sperimentare valore strategico, opportunità e limiti del Servizio Civile. Ora ci auguriamo che, passata l’emergenza della crisi di Governo, il Parlamento riprenda con impegno e vigore a lavorare sulle riforme necessarie, ivi compresa quella del Servizio Civile.

E’ però opportuno che si definisca subito nell’ambito del Governo la delega sull’istituto, atteso che all’epoca del Governo Letta, anche a seguito delle dimissioni di Josefa Idem, passò del tempo prezioso prima che fosse individuata  Cecyle Kyenge quale Ministro incaricato.

Per quanto ci riguarda, ci sono alcuni punti fermi, che auspichiamo siano contenuti nel processo complessivo di riforma.

Innanzitutto, la stabilità del finanziamento garantito nel tempo. Una progettazione seria, se vuole essere figlia di una progettualità ampia e strategica, ha bisogno di una prospettiva e di una durata che la mettano al riparo da rischi di estemporaneità e di scarsa produttività. Non possiamo, di anno in anno, individuare priorità, progettare, modulare interventi e non essere sicuri di poterli mantenere in piedi per l’anno successivo.

La seconda necessità, per certi versi collegata alla prima, è nell’ampliamento del numero di giovani da impegnare in Servizio Civile. Nel corso degli anni la domanda è aumentata notevolmente e i posti a disposizione diminuivano, non consentendo a tanti giovani di accedere. Noi auspichiamo che il numero dei giovani da impegnare venga invece almeno quintuplicato, per dare effettivamente a tutti una possibilità.

Per le Acli, che sono una grande e popolare associazione di lavoratori, è inoltre fondamentale collegare il servizio civile al lavoro, che continua ad essere una emergenza nel Paese; l’esperienza ci conferma che il SCV è una grande opportunità formativa, laddove si maturano e valorizzano competenze che, a nostro avviso, vanno poi repertate, certificate ed utilizzate ai fini di una prospettiva occupazionale, andando oltre il pur incommensurabile valore dell’educazione alla partecipazione e alla cittadinanza, proprio perché il lavoro continua ad essere un paradigma, un elemento essenziale della cittadinanza.

Altre tre questioni che riteniamo debbano necessariamente trovare risposta in un disegno di legge di riforma del servizio Civile riguardano i cittadini stranieri, il rapporto tra i diversi attori in campo e lo sguardo all’Europa.

Il vulnus che ha rallentato l’avvio dell’ultima annualità, con la riapertura del bando e determinato la cancellazione del divieto iniziale di partecipazione per i cittadini stranieri residenti nel nostro Paese va assolutamente colmato. Noi siamo favorevoli all’estensione, perché riteniamo che chi ha scelto di vivere in Italia ha il diritto e il dovere di rendersi utile al Paese e di cogliere le opportunità che questo offre. E, tuttavia, l’apertura non è questione risolvibile con un semplice clic, con un tratto di penna o una gomma per cancellare; essa non può essere scevra da ragionamenti attinenti la cultura, gli stili di vita, la religione dei cittadini stranieri. E dico questo non per creare barriere ma per costruire percorsi di piena accessibilità.

Riteniamo poi fondamentale riscrivere o precisare le regole dello stare insieme tra i soggetti che a diverso titolo si occupano e intervengono in materia di Servizio Civile, al fine di rendere più facili, snelli ed efficaci, orientati nella medesima direzione, i rapporti tra l’Ufficio nazionale, le Regioni, gli Enti accreditati e gli organismi di secondo livello. Negli anni si è verificata più di qualche incomprensione, sovrapposizione e farraginosità.

Infine, c’ è la necessità di guardare in maniera diversa oltre i confini del nostro Paese e soprattutto all’Europa; non si tratta di porre mano alla già prevista possibilità di svolgere il servizio civile all’estero, ma piuttosto di considerare anche la questione della mobilità e della libera circolazione dei cittadini e l’approccio dell’Europa con le politiche di pace nelle aree di conflitto, mettendo   l’esperienza del Servizio Civile italiano a disposizione di tutti i Paesi dell’Unione Europea.

  (*) Consigliere di Presidenza Nazionale delle ACLI con delega a Pace,    Cittadinanza Attiva, Servizio Civile

 

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