PITTORE: Eccoci qua, allora, da che parte comincio… Tutto questo bianco… Vediamo di sporcarlo un po’, giusto per fare sparire l’angoscia di non sapere da che parte cominciare. (E traccia a caso delle linee nere con un carboncino).
VOCINA: Ehi!Che maniere!Incominci ora a crearmi e già mi sporchi tutto…. Questo è un imbrattare, non un dipingere.
PITTORE: Ma guarda un po’ questo qui, non è ancora nato e già protesta…Ehi, chi credi di essere?Il pittore sono io, non tu che ancora non si sa cosa diventerai…
VOCINA: Beh! potresti essere più gentile. Sporcare la tela non è un bell’inizio. Vuol dire che non sai cosa vuoi fare, che sei incerto su come proseguire.
PITTORE Certo! Io non sono uno di quei pittori che hanno un progetto apriori. Io costruisco il quadro via via che dipingo. Sono un pittore moderno… Non dipingo le sembianze esterne delle cose, non cerco le somiglianze, o la riproduzione fotografica. Voglio andare più sotto, a scavare cosa c’è nella realtà.
VOCINA: E cosa speri di trovare? Troverai altre sembianze, le sembianze nascoste. La pittura è un lavoro inutile.
PITTORE: Se è inutile, perché hai tanta fretta di nascere? Perché mi solleciti a dipingere? Se vuoi restare nel tuo mondo del non-ancora, la smetto subito, però ricordatelo, sarai sempre insoddisfatto, sarai sempre solo un’ipotesi possibile.
VOCINA: Questo è vero: io voglio nascere, dipingi dunque, cerca, sperimenta, tenta di nuovo.
PITTORE: Chi credi che s’avvicini di più alla realtà, lo specchio, la fotografia o l’arte? Io ti tirerò fuori da dove ora ti nascondi e ti mostrerò a te stesso. Perché tu non ti conosci ancora e solo attraverso di me potrai sapere come sei fatto.
VOCINA: E come sarò?
PITTORE: Sarai come risulterai essere alla fine del mio lavoro. Quella sarà la tua verità: un esito di ricerca; la spiegazione dopo l’attraversamento del buio. Tu arriverai soltanto oltre la galleria che prima io debbo attraversare. E tu sarai il cammino che io debbo percorrere per uscire di nuovo al sole; tu sarai una chiarificazione.
VOCINA: E intanto?
PITTORE: Intanto io incomincio a dipingere. Dipingere è scavare, non mettere colori su una tela. Dipingere è ascoltarsi, non descrivere. Dipingere è cimentarsi, non riprodurre le forme che tutti vedono. La fotografia è molto più realista della pittura, per questo il realismo è banale. Un ritratto di un uomo è riuscito non quando assomiglia all’originale, ma quando ne interpreta i sentimenti profondi, le aspirazioni, la sua passione di vivere.
VOCINA: E il mio ruolo quale è?
PITTORE: Tu sarai sorpresa a te stessa, meraviglia ignota che si manifesta.
VOCINA: Ma allora questo vorrà dire che io sono solo la fotografia del tuo cervello, vorrà dire che tu mi dipingi solo inseguendo le tue connessioni cerebrali. Tu crederai di dipingere me e invece sarai condannato a dipingere solo te stesso. Ti illudi di cercare e invece sei condannato solo a ripeterti.
PITTORE: No, no tu non sarai solo l’esito di una mia ricerca intellettuale. Sarai anche altro, al punto che ancora io non so come tu verrai. Tu non sarai solo una mia proiezione intellettuale e professionale, ma anche un qualcosa che adesso ancora io ignoro. Tu sei la mia ricerca.
VOCINA: Vuol dire che tu chiami trascendenza la tua ignoranza: confondi quello che non conosci con la mia alterità rispetto a te. Invece la tua pittura non sarà che un banale prolungamento delle tue facoltà intellettive e professionali. Non t’illudere, non se ne esce. Tutto quello che diciamo o che dipingiamo non è altro che il frutto di una nostra produzione intellettuale.
PITTORE: Certo! E che c’è di male? Esplorare le proprie qualità intellettuali non è forse un modo per avvicinarci al mistero della realtà?
VOCINA: Chissà! Voi artisti avete sempre la risposta pronta.
*Pittore e saggista
