Stiamo esaminando a grandi linee parte del Rapporto Annuale ISTAT 2016, La situazione del Paese, presentato nei giorni scorsi.
Nella prima parte di questo articolo (Newsletter NL n.175 del 31/5/2016) abbiamo ripercorso l’evoluzione dell’economia italiana nei suoi aspetti macroeconomici.
Poi è stata la volta delle trasformazioni demografiche e sociali del nostro paese.
Infine abbiamo cominciato a seguire il Rapporto nell’esame delle dinamiche del mercato del lavoro prima in Europa e poi in Italia. Riprendiamo da dove avevamo interrotto e concludiamo la nostra lettura alla fine del capitolo sul mercato del lavoro.
Aumentano le donne al lavoro: esse passano, rispetto al totale degli occupati, dal 38,2% del 2000 al 41,8% del 2015.
L’incremento dell’occupazione nel 2015, rispetto al 2014, riguarda tutte le professioni tranne gli operai e gli artigiani che continuano a flettere, dopo aver perso tra il 2008 e il 2015 più di 1 milione di addetti.
L’occupazione cresce, anche se di poco, in particolare nella fascia tra i 35 e i 49 anni arrivando al 71,9% (+0,3 sul 2014); è invece molto più rilevante l’aumento nella fascia tra 50 e 64 anni (baby boom, riforma delle pensioni, aumento dell’istruzione).
Negli ultimi 10 anni l’occupazione è sempre più direttamente legata al livello di scolarità. Ma questo vale prevalentemente per i laureati anziani; quelli giovani stanno pagando di più la crisi.
Nelle assunzioni non si sostituisce un anziano che va in pensione con un giovane. I giovani entrano prevalentemente nei servizi privati; gli anziani escono dai settori più tradizionali (agricoltura o settori pubblici con blocchi del turnover).
Alla fine degli studi c’è sempre meno un ingresso stabile al lavoro, ma un inizio con un lavoro a termine. Come si vede dalla Tavola 3.2 pubblicata nella prima parte dell’articolo, le assunzioni nel 2015 hanno riguardato prevalentemente: – le figure professionali più qualificate e tecniche, quelle esecutive nel commercio e nei servizi; – le figure meno qualificate, in genere destinate ai lavoratori stranieri.
Ancora negativo, come già visto e con un nuovo -0,41%, il 2015 per operai e artigiani.
Nel 2015 aumentano gli addetti con contratto a tempo indeterminato di 65.000 unità (+0,4%): sono quasi tutti uomini o comunque lavoratori dai 50 anni in su.
Sempre nel 2015 i contratti a termine si incrementano di 105.000 unità.
Durante la crisi è aumentato l’utilizzo del part time. Tra il 2008 e il 2015 i permanenti a part time sono cresciuti di 687.000 unità (+26,8%), anche se il dato 2015 si ferma a 45.000 occupati (+1,4%).
Contando anche i part time a termine l’incremento di cui sopra arriva a 860.000 unità. Si tratta di 4,2 milioni di lavoratori. Tra di essi cresce la quota dei part time involontari: nel 2015 il 63,9% dei nuovi assunti part time sarebbe di questo tipo. Si accetta cioè, pur di lavorare, un part time anche se si vorrebbe lavorare a tempo pieno.
Più è alto il titolo di studio e meno si perde il lavoro durante la crisi.
Ma la crisi ci consegna anche una nuova figura: il lavoratore sovraistruito che svolge un lavoro per il quale è richiesto un titolo di studio inferiore a quello che ha. Tra i lavoratori fino ai 34 anni i sovraistruiti sono quasi 3 volte più numerosi di quelli con un’età superiore.
Nel 2015 i giovani Neet (15 – 29 anni, non occupati e non impegnati nell’istruzione o nella formazione) ammontano a 2,3 milioni ed i tre quarti di essi vorrebbero lavorare.
Dal 2008 i Neet si sono incrementati di più di 500.000 unità, anche se nel 2015 sono scesi di 64.000 (- 2,7%). Essi comunque rappresentano il 25,7% di tutti i giovani tra i 15 e i 29 anni.
Cambia il mercato del lavoro ma altrettanto cambiano le famiglie: cambiando la loro tipologia e composizione, a seconda della distribuzione in esse del lavoro (e del reddito), c’è il rischio di avere situazioni di grave disagio sociale.
L’Istat dal 2004 compie un lavoro su questa relazione, analizzando famiglie con almeno un componente in età lavorativa (15 – 64 anni) e senza pensionati. Nel 2015 queste famiglie sono più di 15 milioni e rappresentano il 60,4% del totale delle famiglie italiane.
La Tavola 3.11 sotto riportata ci consente la lettura di diverse trasformazioni avvenute.
Dal 2004 al 2015 le famiglie di cui parliamo (almeno un componente in età lavorativa, 15-64 anni, senza pensionati) sono cambiate molto: le famiglie monocomponenti sono diventate quasi 4 milioni, circa un quarto di tutte quelle prese in esame. Questo perché è aumentato il numero dei “single” in età attiva.
Le famiglie jobless (senza redditi da lavoro), sia monocomponenti che pluricomponenti, sono passate dal 9,4% del 2004 al 14,2% del 2015, pari a 2,2 milioni di famiglie di cui 1 su 4 nel Mezzogiorno.