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Istruzione e formazione: il chiaro scuro del Rapporto Bes 2014

Disuguaglianze sociali, territoriali e di genere rendono necessario l’avvio di programmi di investimento in istruzione e formazione per diminuire i divari nei livelli di competenze e avvicinare ulteriormente l’Italia agli standard registrati nei Paesi dell’Ocse. 

È questa l’istantanea scattata sul tema “istruzione e formazione” dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) e dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), presentata come approfondimento tematico tra i diversi “domini del benessere” trattati nella seconda edizione del “Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes 2014)”, un rapporto che analizza, come già nella sua prima edizione, gli elementi fondanti del benessere e del progresso in Italia e nei suoi territori, mostrandone luci ed ombre, tendenze positive di lungo periodo e aspetti profondamente segnati dall’attuale ciclo economico. 

Inserendosi nel più ampio dibattito internazionale sulla misurazione del benessere e del progresso, contraddistinto da continui passi avanti e da una sempre maggiore istituzionalizzazione di simili strumenti di analisi e monitoraggio, il rapporto presenta un capitolo specifico sul tema dell’istruzione e della formazione, posto al centro di una riflessione complessiva sullo stato di avanzamento dell’Italia rispetto ad una serie di indicatori che consentono di inquadrare il fenomeno da diverse angolature, seguendone l’evoluzione “temporale” e “territoriale”, anche in confronto con gli altri paesi europei.

Quali, dunque, gli aspetti principali messi in luce nel rapporto? Anzitutto, viene evidenziato un generale miglioramento degli indicatori sulla “formazione”, che mostrano performance positive nel passaggio dal 2011 al 2013: cresce la quota di persone di età compresa tra i “25-64 anni” che ha conseguito almeno il diploma superiore (passata dal 56% del 2011 al 57,2% del 2012 e al 58,2% nel 2013), così come è in aumento la percentuale di 30-34enni che hanno conseguito un titolo di studio universitario (passata dal 20,3% nel 2011 al 22,4% del 2013). Si riduce, inoltre, dell’1,2% il peso specifico dei giovani che escono prematuramente dal sistema di istruzione e formazione dopo aver conseguito il titolo di scuola media inferiore (secondaria di primo grado),  la cui percentuale è passata dal 18,2% nel 2011 al 17% nel 2013. 

Tutti segnali che contribuiscono a delineare uno scenario in cui sono riscontrabili trend di avvicinamento alla media europea che presenta, tuttavia, valori ancora ben distanti dalle indicazioni raccolte per l’Italia.  

 

 

Il divario rispetto all’Europa resta marcato. Per ciascuno degli indicatori presi in esame, la media Ue27 mostra un gap dalle proporzioni considerevoli. Il grafico 1 ne riassume la portata, misurando in termini percentuali la distanza che separa l’Italia dalle performance europee: è pari a -16,7% la differenza percentuale tra la quota di italiani che hanno conseguito almeno il diploma superiore e il corrispondente dato europeo; la quota di 30-34enni in possesso di un titolo universitario è inferiore rispetto alla media europea del -17,6%; ammonta a -5% la differenza tra il tasso di uscita dal sistema di istruzione e formazione italiano rispetto al tasso di uscita medio registrato nell’area Ue27, dove nel 2013 la percentuale di giovani che hanno abbandonato prematuramente gli studi è stata del 12% a fronte di un valore pari al 17% registrato in Italia.

Pertanto, come ben evidenziato nel rapporto, “(…) gli incrementi registrati non hanno permesso di recuperare lo svantaggio rispetto alla media dei paesi dell’Unione europea, sia nei livelli di istruzione sia rispetto alla formazione” (p. 47). 

A preoccupare è non solo l’effetto che su tale scenario potrebbe sortire il considerevole aumento dei Neet (giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non si formano), la cui percentuale è andata progressivamente crescendo nel corso nel 2012 (23,9%) e nel 2013 (26%), mostrando un incremento di circa 6 punti percentuali rispetto al periodo che precede la crisi. Necessita di particolare attenzione anche il graduale aumento del divario tra Nord, Centro e Mezzogiorno, macro-area territoriale, quest’ultima, dove si segnalano valori considerevolmente più bassi rispetto ai diversi indicatori analizzati in precedenza. 

Nel 2013, infatti, la percentuale di residenti nel Mezzogiorno che ha dichiarato di aver conseguito almeno il diploma di scuola media superiore è pari al 50,7%, contro il 61,3% del Nord e il 63,7% del Centro. Eccetto che in Campania, dove la quota di diplomati registra un incremento superiore alla media nazionale (dal 47,3% del 2011 al 50,9% del 2013), il divario tra Mezzogiorno, Nord e Centro segna un solco profondo, che si riflette anche nel dato relativo alle persone che nella fascia d’età “30-34 anni” ha dichiarato di essere in possesso di un titolo universitario, pari a circa il 24% nel Nord e nel Centro e solo al 18,2% nel Mezzogiorno. 

 

 

E ciò vale anche per la formazione continua, un segmento del sistema formativo in cui si concentra in Italia una ristretta quota di popolazione. Solo il 6,2% delle persone nella fascia di età che va dai “25 ai 64 anni” ha dichiarato di aver svolto attività di formazione nelle quattro settimane precedenti l’intervista. Il dato cresce sensibilmente, giungendo ad interessare il 21,9% della popolazione (nel 2013), se si considera chi ha svolto almeno una attività di formazione nei 12 mesi precedenti l’intervista, valore in costante aumento rispetto al 2011 (13,9%) e al 2012 (19,2%). 

 

In linea generale, tuttavia, la formazione continua rappresenta una leva per l’aggiornamento professionale che sembra interessare soprattutto le persone di 25-34 anni (13,2% nel 2013), per poi destare sempre meno interesse al crescere dell’età (5,3% tra i 35-44enni e solo il 2,2% tra i 60-64enni); è svolta prevalentemente al Nord, dove a partire dal 2004 si registrano quote di popolazione relativamente più elevate coinvolte in corsi di formazione continua, con delle differenze che rispetto al Centro sono andate assottigliandosi progressivamente a partire dal 2009 (grafico 3). Coinvolge, infine, soprattutto le donne che risultano più attive non solo sul versate della formazione continua (grafico 4), ma presentano risultati migliori nell’intero settore dell’istruzione e della formazione, tali da definire uno scenario caratterizzato da un ampio distacco rispetto ai livelli su cui si attestano gli uomini rispetto ai diversi indicatori presi in esame.

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