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L.S.Germami: Vi spiego la guerra cognitiva russa contro l’Occidente. 

Nella guerra ibrida rientra anche la “guerra cognitiva”. Che cos’è? Quali scopi vuole raggiungere? Ne parliamo con Luigi Sergio Germani ,  Direttore dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici, esperto di intelligence russa.

Prof. Germani, l’argomento che trattiamo è affascinante e terribile: parliamo della guerra cognitiva. Un termine che, da qualche anno, sta andando, mi passi il termine,  di moda tra gli operatori di  intelligence e analisti strategici. Quando nasce il termine? 

  Il concetto di guerra cognitiva è diventato “di moda” , soprattutto in ambito NATO, negli ultimi 4-5 anni.  Tra i primi a utilizzare pubblicamente il termine cognitive warfare  va menzionato David Goldfein , Generale dell’Aeronautica degli Stati Uniti, che nel 2017 accennò al concetto in occasione della Conferenza annuale “Air, Space and Cyber”  dell’Associazione Aeronautica statunitense. Successivamente, nel 2018, James Giordano, studioso americano di neuroscienze, affermò che “il cervello è il campo di battaglia del XXI secolo” in una intervista dedicata agli avanzamenti nelle neuroscienze e nelle neurotecnologie, e alle loro profonde ripercussioni nel settore militare.  

    L’obiettivo della guerra cognitiva è di manipolare le percezioni di un bersaglio e interferire nei suoi processi cognitivi, alterando le sue capacità di pensare, di ragionare, e di prendere decisioni.   Come ha sottolineato l’esperto francese François Géré, autore di importanti saggi sulla guerra psicologica e la disinformazione: “la guerra cognitiva non mira soltanto a modificare i pensieri e le percezioni del bersaglio, ma anche il suo modo di pensare e di agire”. 

    La guerra cognitiva non è un fenomeno nuovo: le strategie e le tecniche per impadronirsi della mente degli esseri umani sono sempre esistite,  ma in passato venivano utilizzati altri concetti, come “guerra psicologica”, “propaganda”,  “psico-strategia”, la “conquista delle menti e dei cuori” e più recentemente “information warfare” (infowar).   

    Il controllo della mente degli esseri umani ha sempre esercitato un certo fascino sugli intellettuali e sul grande pubblico.  Nel Novecento, il secolo dei totalitarismi nazista e comunista, la propaganda e la manipolazione psicologica delle masse erano temi centrali della sociologia, della psicologia sociale e della scienza politica, nonché   argomenti approfonditi da romanzi, dal cinema, dall’arte e dalla riflessione filosofica. 

         Una delle caratteristiche dei regimi totalitari nazista e comunista era l’uso della “guerra cognitiva” da parte del Potere per controllare la mente dei propri cittadini, e di manipolare le menti della popolazione di altri paesi che miravano a soggiogare.   Hitler e suoi specialisti di propaganda svilupparono una serie di tecniche di manipolazione delle masse tese a depotenziare e annientare il pensiero razionale nelle persone facendo prevalere le emozioni e gli istinti.  

    Nel totalitarismo comunista (l’Unione Sovietica, la Cina maoista e altri regimi marx-leninisti), come affermò il grande sociologo Luciano Pellicani, l’individuo era costretto “a riconoscere come corrispondente al mondo reale l’immagine del mondo che il regime costruiva e divulgava attraverso i mass media. Così l’ideologia e la realtà diventarono di fatto un’unica cosa (nel senso che la prima schiacciava e occultava la seconda) e la manipolazione delle menti poteva essere totale”

    Nel XXI secolo la guerra cognitiva diventa un fenomeno sempre più importante sia nella politica interna agli Stati che nella politica internazionale.  Oggi, grazie alle nuove tecnologie digitali, ai social media, all’intelligenza artificiale e agli avanzamenti nelle neuroscienze e nelle neurotecnologie, Stati e attori non-statali (gruppi economico-finanziari, partiti e movimenti politici, gruppi terroristici ed eversivi, sette religiose, “poteri occulti” politici o criminali) possono disporre di strumenti e tecniche sempre più potenti di influenza e manipolazione psicologica di massa. 

In cosa si distingue la guerra cognitiva dalla guerra psicologica? 

    La guerra cognitiva è essenzialmente la guerra psicologica potenziata dall’impiego delle innovazioni tecnologiche e scientifiche del XXI secolo in diversi campi: le  tecnologie informatiche e della comunicazione, l’intelligenza artificiale, le biotecnologie e le  scienze cognitive 

 Tra gli studiosi si dice, come lei ricordava, che lo scopo della guerra cognitiva sia quello “di sgretolare, indebolire i punti di vista, le idee del soggetto target”, quindi la vittoria, in questo ambito, si ha se si conquista il dominio cognitivo. Cosa vuol dire conquistare il dominio cognitivo? 

      Conquistare il “dominio cognitivo” significa alterare la percezione della realtà del bersaglio, indurlo ad adottare la percezione della realtà voluta dall’aggressore cognitivo  e a prendere  le decisioni  volute da quest’ultimo.

      Ad esempio, i militari cinesi hanno elaborato, in anni recenti, il concetto di intelligentized warfare,  ossia l’uso dell’Intelligenza Artificiale per controllare la mente e le azioni  dei massimi decisori politici di un altro paese, nonché per manipolare la loro opinione pubblica.      

     La letteratura sulla cognitive warfare che negli ultimi  4-5 ultimi anni si è sviluppata in ambito NATO sottolinea l’uso crescente della  guerra cognitiva da parte delle grandi potenze autocratiche del mondo non-occidentale – in primo luogo Cina e Russia – non solo per controllare le proprie popolazioni, ma anche  per tentare di destabilizzare le democrazie occidentali dall’interno, minando la loro coesione, estremizzando le loro divisioni interne, screditando e delegittimando le istituzioni democratiche. 


Quali sono le armi per questo scopo? 
     

     Facciamo l’esempio della guerra cognitiva condotta dal regime russo nei confronti delle democrazie occidentali, tra cui anche l’Italia.  Il Cremlino, nell’ultimo decennio, ha utilizzato diversi strumenti di guerra cognitiva miranti a influenzare e destabilizzare le società occidentali. In primo luogo ci sono i media, palesemente controllate dal Cremlino (ad esempio RT e Sputnik, che in Europa sono stati oscurati).   

    Ma i mass media del regime sono solo uno degli strumenti adoperati dal Cremlino per manipolare le opinioni pubbliche occidentali intossicando l’ambiente informativo delle società democratiche.   Le campagne cognitive russe vengono condotte anche sui social media utilizzando i cosiddetti internet trolls (commentatori anonimi assoldati dal Cremlino), i bots (account automatici o semiautomatici che twittano o ritwittano automaticamente in quantità massicce) e altri falsi account sui social media.   Un altro tipo di strumento di cui si avvale ll Cremlino sono i siti-web di informazione e analisi geopolitica che apparentemente non hanno alcun collegamento con la Federazione Russa, ma che sono stati creati dai servizi d’intelligence russi, o sono da essi finanziati, per diffondere narrazioni strategiche gradite al regime putiniano. 

     Il Cremlino si avvale, altresì, di giornalisti, uomini politici e altri personaggi pubblici, scrittori, bloggers, accademici e think tankers occidentali che operano, consapevolmente o inconsapevolmente, come “agenti di influenza” della Russia.  Infine, Mosca finanzia convegni, progetti universitari, e think tanks per influenzare le percezioni delle classi dirigenti e degli intellettuali dei paesi occidentali.


Rientra, comunque, nell’insieme della guerra Ibrida. Le chiedo la Dottrina Gerasimov è ancora valida? 

     La guerra cognitiva è una componente molto importante della cosiddetta “guerra ibrida”, ossia l’uso combinato e sinergico di diverse metodologie di attacco a un sistema-paese, metodologie di carattere sia militare sia non-militare (tra cui anche la propaganda, la disinformazione e le operazioni psicologiche), allo scopo di destabilizzare e indebolire il paese bersaglio.  

      A partire dalla metà degli anni 2000 la Russia ha elaborato una strategia di guerra ibrida basata sulla tradizione sovietica delle misure attive.  “Misure attive” (aktivnye meropriyatiya) era un termine della polizia segreta sovietica (il KGB –  Komitet Gosudarsvennoj Bezopasnosti)  che abbracciava svariate attività tese alla destabilizzazione politica e psicologica degli Stati avversari dell’URSS.   Tramite le misure attive il Cremlino mirava a indebolire e destabilizzare dall’interno l’Occidente capitalistico, fiaccando sempre di più la sua volontà di contrastare l’espansionismo sovietico a livello militare. In particolare, le misure attive erano finalizzate ad acutizzare le divisioni all’interno delle società democratiche, ad aizzare le loro popolazioni contro le Istituzioni, a fomentare tensioni tra alleati occidentali, a screditare e delegittimare i servizi d’intelligence occidentali e a diffondere un senso di demoralizzazione, sfiducia e pessimismo tra le popolazioni dei paesi occidentali, sfruttando paure (soprattutto la paura della guerra nucleare) e sensi di colpa.    

          Le linee-guida del modello putiniano di guerra ibrida – che ha resuscitato e modernizzato la tradizione delle misure attive sovietiche, sfruttando le tecnologie del XXI  secolo –   furono sintetizzate nel discorso del Generale Valerij Gerasimov, allora Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate Russe,  svoltosi nel gennaio 2013 all’Accademia Russa delle Scienze Militari.


Parliamo dell’Italia. Sappiamo che è oggetto di attenzioni da parte del Cremlino. Come si manifesta la “guerra cognitiva” russa nel nostro paese e in Europa? 

   Da almeno 10-15 anni la macchina di guerra cognitiva del Cremlino  diffonde nello spazio informativo italiano molteplici narrazioni propagandistiche e disinformative finalizzate a confondere l’opinione pubblica circa gli obiettivi e gli strumenti della politica estera russa, nonché a minare l’orientamento atlantista ed europeista dell’Italia e i suoi valori democratici In questa dinamica non si può trascurare il ruolo svolto da  influencer e media  italiani (sia di “Informazione alternativa” che mainstream) nel promuovere messaggi che amplificano le narrazioni  filo-Cremlino    

        Dopo l’invasione militare totale dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022 le campagne cognitive del Cremlino mirano a promuovere presso l’opinione pubblica e le élite politiche e intellettuali italiane interpretazioni fuorvianti circa le cause della guerra in Ucraina, allo scopo di giustificare o relativizzare l’aggressione russa e per screditare la politica italiana di sostegno militare all’Ucraina e la politica di sanzioni economiche nei confronti della Russia.

  Uno degli obiettivi prioritari della guerra cognitiva russa in Italia e in tutto l’Occidente è alimentare la paura di una guerra nucleare nell’opinione pubblica e nei leader politici. Il Cremlino punta a esercitare una pressione psicologica crescente sui cittadini e i decisori politici e militari occidentali, alimentando le loro paure di una escalation nucleare, allo scopo di indurli a rinunciare ad assistere l’Ucraina sul piano militare.   Il nostro Istituto ha pubblicato diversi rapporti sulla guerra cognitiva russa in Italia, ad esempio questo (https://fondazionegermani.org/2-report-analitico-dezinformacija-nato-sicurezza-rischio-nucleare/) 


La nostra ìntelligence è attrezzata per rispondere? 

  I nostri servizi di intelligence sono impegnati nelle attività di contrasto alla guerra cognitiva russa ma occorre potenziare le loro capacità e risorse nel settore della contro ingerenza e controspionaggio. 

       Ma la risposta alla sfida della guerra ibrida non riguarda solo il comparto intelligence: essa deve coinvolgere tutto il sistema-Paese.   L’Italia, come anche molte altre democrazie occidentali, non è preparata per questo nuovo tipo di guerra.  L’Italia deve dotarsi di una specifica strategia di difesa del Sistema-Paese in questo campo, tesa a individuare e a contrastare gli attacchi cognitivi, a rafforzare la propria resilienza sociale e psicologica nei confronti della disinformazione e a elaborare e diffondere (tramite la comunicazione strategica) forti contro-narrazioni finalizzate a tutelare la coesione nazionale e le Istituzioni democratiche. 

      Tale strategia dovrà necessariamente essere fondata su un approccio “whole of nation”, ossia uno sforzo coordinato tra tutte le componenti della società: organismi governativi, comparto intelligence, Forze Armate, Forze di Polizia, industria, sistema mediatico, mondo accademico, mondo della scuola,  organizzazioni della società civile.   


Su quali tasti dovrebbe insistere per dare uña risposta efficace?
   Per difendere efficacemente il sistema-Italia dalle campagne di guerra cognitiva condotte dalla Russia e da altre potenze autocratiche occorre adottare una strategia culturale di lungo termine, tesa anzitutto a difendere i valori e le Istituzioni della democrazia liberale e della società aperta dagli attacchi cognitivi condotti dalla Russia e da altri Stati autocratici come Cina e Iran, nonché da movimenti politici autoritari di matrice populista o estremista sia interni che transnazionali. 

       Parallelamente occorre promuovere, nell’ambito del sistema scolastico, il pensiero critico come strumento di contrasto alla disinformazione e alla manipolazione.  

Dal sito: www.rainews.it

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