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La migliore soluzione è la cooperazione pubblico-privato

Questa è un’occasione importante per una serie di motivi. In primo luogo, perché abbiamo visto e condiviso i numeri sulla situazione dei Servizi per il lavoro nel nostro Paese e questo è un prerequisito per qualsiasi ragionamento. In secondo luogo, perché la composizione del panel dei relatori, che racchiude operatori pubblici e privati, è utile alla riflessione comune che stiamo sviluppando insieme ed alla necessità, sempre più evidente, di una rete tra tutti i soggetti. 

Sotto questo profilo l’esperienza che abbiamo sviluppato come Assolavoro ha dimostrato come la cooperazione tra pubblico e privato sia possibile secondo uno schema che più volte abbiamo promosso e, anche di recente, illustrato ai nostri interlocutori istituzionali, molti dei quali presenti nella Struttura di Missione messa in piedi per attuare Garanzia Giovani. Lo schema, in una esemplificazione estrema, può essere sintetizzato con lo slogan “governance pubblica, operatività privata”

L’esperienza ha mostrato che questa cooperazione pubblico-privato si sviluppa meglio dove il pubblico è più efficiente, capace di intercettare i bisogni e le esigenze del territorio e dispiegare una governance ed una progettualità di medio-lungo periodo, capace di incrementare il livello di efficienza del sistema. Laddove si è realizzato questo pre-requisito è stato messo in campo da subito un altro elemento che nella nostra esperienza si è dimostrato fondamentale: la capacità, già in una fase embrionale di definizione delle misure, e prima della loro definitiva formalizzazione, di co-progettarle insieme, nei loro mille risvolti anche operativi. In questa prospettiva il ruolo pubblico viene valorizzato in termini di governance, di capacità cioè di mettere intorno allo stesso tavolo coloro i quali conoscono il mercato del lavoro (rectius: i mercati del lavoro) che insistono su quel territorio e, conseguentemente, le soluzioni operative più efficaci per portare le persone verso il lavoro.  Solo in una logica di co-partnership reale, e vissuta come un valore positivo, che si possono affrontare programmi di questo tipo. 

 L’esperienza ci insegna che può essere di maggior garanzia, per i giovani nel caso della Garanzia Giovani, avere primariamente un punto “pubblico” di contatto e di ingresso da parte dell’utenza. Primariamente, perché non deve essere precluso il fatto che laddove il soggetto  pubblico ritenga di non essere attrezzato adeguatamente possa decidere, in una logica di make or buy, di affidare in tutto o in parte anche tali servizi ai privati secondo standard e livelli delle prestazioni prefissati. In questo modo, vengono garantiti quei diritti di trasparenza ed universalità nell’informazione e nell’accoglienza degli aventi diritto.  

Una volta definiti tali aspetti, siamo convinti che l’operatività dei privati possa essere in grado di dare una risposta alle diverse esigenze. Il ruolo del pubblico, nel nostro modello, è infine quello di un attento monitoraggio dei risultati, una verifica degli accreditati e autorizzati e – ciò che noi chiediamo con forza – un ranking degli operatori. Va superata la situazione attuale nella quale troppo spesso tutti gli operatori sono uguali e non si comprende bene chi porta a casa i risultati e chi no.

E’ un diritto dell’utenza avere piena visibilità sulla serietà e l’efficacia dei diversi operatori presenti sul mercato per potersi orientare realmente nelle proprie scelte. 

Il tema della trasparenza e dell’efficacia ne richiama immediatamente un altro: il superamento di misure che finanziano l’offerta invece che la domanda di servizi da parte delle persone. La formazione rivolta ad esaurire cataloghi formativi esistenti e non finalizzata a incrociarsi con la domanda di lavoro esistente, o anche prospettica, deve essere definitamente superata. E’ la persona che, con le sue esigenze ed adeguatamente informata ed orientata sui servizi cui ha diritto, deve poter scegliere il player al quale rivolgersi.  

L’esperienza che abbiamo consuntivato sul territorio ci dice che la cooperazione pubblico-privato è quindi non solo possibile ma che porta ad ottimi risultati se sviluppata secondo le logiche che abbiamo detto e se finalizzata a soddisfare non solo il paradigma dell’occupabilità della persona (tema, purtroppo, talvolta abusato) ma anche quello dell’occupazione effettiva, premiando quindi il risultato occupazionale. Come qualsiasi imprenditore le Agenzie chiedono, proprio al fine di poter più efficacemente mettere in campo il proprio know how ed anche i propri investimenti, di avere – come imprenditori – un sistema regolatorio che abbia un minimo di unitarietà anche a livello nazionale. Tutte le aziende, e le Agenzie per il lavoro non sono da meno, hanno bisogno di un quadro normativo univoco che possa garantire quantomeno una uniformità di modello nei sui assunti macro: per spiegare questa nostra esigenza utilizziamo sovente nelle nostre interlocuzioni la metafora del ventaglio, in cui c’è un centro e una diversificazione territoriale tale da garantire le necessarie “personalizzazioni” ma che non faccia impazzire le imprese che devono in qualche modo “ingegnerizzare” i propri processi in un contesto istituzionale  divaricato al proprio interno è variabile nei suoi assetti.  Le Aziende hanno bisogno di stabilità per programmare i propri investimenti: siamo convinti che se riuscissimo a garantire questo assunto potremmo provare, in prospettiva,  anche a dare un contributo per risolvere quel gap infrastrutturale nei servizi al lavoro che caratterizza diverse aree del Paese. 

Chiudo con una affermazione forse banale ma che nel contesto dato potrebbe anche essere letta come una provocazione: dobbiamo uscire, per dirla con Karl Popper, dalla prigione delle affermazioni “non falsificabili”, per le quali non vale cioè il loro contrario e che quindi, per questa ragione, sono false. Dire che puntiamo ad un mercato del lavoro “più efficiente”, più “trasparente”, più “inclusivo”, oppure che bisogna lavorare per migliorare “l’occupabilità” delle persone, sono contenitori vuoti, per i quali non vale l’affermazione contraria. Sono affermazioni che vanno quindi messe da parte. Un lusso che non ci possiamo più permettere. Abbiamo di fronte scelte che comportano il superamento di alcuni modelli, in molti casi di alcune rendite di posizione e che comporteranno,  per tutti, l’assunzione di chiare responsabilità. 

In questa prospettiva alle Istituzioni chiediamo di dar vita ad un quadro regolamentare chiaro e stabile, alle Parti Sociali di continuare ad assumersi la responsabilità di portare avanti forme di flessibilità del lavoro che possano coniugare l’elemento di flessibilità con l’elemento di garanzia così come avviene nel settore della somministrazione, dove abbiamo un dialogo sociale avanzato e moderno. 

Se noi come Agenzie per il Lavoro siamo chiamati a dare un contributo nella costruzione di un mercato del lavoro migliore, potremo farlo in maniera più efficace se la nostra “flessibilità buona” (la somministrazione di lavoro) si sarà affermata ancor più di quanto non sia ancora oggi come flessibilità di riferimento per le Aziende. Anche per questa via passa la definizione di meccanismi di funzionamento del mercato del lavoro meno inaccettabili di quelli che registriamo oggi.

 

 (*) Direttore AssoLavoro

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