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La scuola media, fabbrica degli asini?

dalla Newsletter n.79 del 13/12/2011

Lo studio condotto dalla “Fondazione Agnelli” pone finalmente in luce il vero anello debole della pubblica istruzione italiana: la scuola media.
Riformata nel 1962 con il fine di consentire a tutti i preadolescenti l’accesso allo studio, e di creare maggiore uguaglianza sociale e culturale nel Paese, oggi la scuola media è quasi completamente sparita dal dibattito politico-culturale italiano. Ci si è concentrati per anni sul problema del rapporto tra Licei, Università e mondo del lavoro da un lato, sulla scuola elementare e la difesa del modello italiano dall’altro. La scuola media non esiste, l’unica cosa che la accomuna al resto del sistema educativo italiano sono i tagli decisi negli ultimi anni.

 

Eppure è proprio dalla scuola media che nascono due problemi fondamentali, che condizionano la vita non solo culturale, ma economica e sociale del Paese.

Il primo problema riguarda il calo dell’apprendimento tra elementari e medie. A meno che non si pensi che i nostri ragazzi perdano intelligenza e capacità con l’aumentare dell’età, la spiegazione va trovata nel sistema stesso dell’insegnamento: alle medie non funziona. Così ci si ritrova con dei buoni, per non dire a volte ottimi, livelli di apprendimento alle elementari, che si trasformano nei pessimi risultati delle medie. In questo modo si ottengono due risultati negativi con un solo processo: buttare al vento l’insegnamento elementare e non preparare gli studenti in maniera adeguata per il futuro, di studio o di lavoro che sia.

L’analisi del perché tutto ciò accada rivela che il nocciolo del problema sono gli insegnanti, al di là ovviamente delle deficienze di strutture, materiali e ambienti, e alle difficoltà che nascono dai ragazzi stessi. Gli insegnanti delle medie sono in media vecchi (52 anni in media, con punte notevoli di over 60), in ambienti dove il gap generazionale con gli studenti è più importante rispetto a elementari e liceo; risultano poi essere i meno apprezzati dai colleghi e sono i meno soddisfatti dal poco lavoro, con carenze sia personali che di materiali e risorse per affrontare le sfide che l’insegnamento ad alunni di quella età richiede. Una classe docente con poca autostima, competenze e prospettive.

La difficoltà nell’apprendimento causa quindi il secondo problema, che investe in pieno il futuro dei giovani e quindi di tutto il Paese, determinando direttamente quell’immagine di immobilismo e perenne stasi che ben conosciamo nella vita economica, ma non solo, dell’Italia.

Il calo del rendimento nello studio varia a seconda del livello sociale degli alunni, con i figli dei laureati in posizione nettamente migliore rispetto agli altri. La scuola media così non fa altro che mettere in luce e anzi aumentare le differenze culturali e sociali degli alunni. Si arriva così al paradosso che l’istituzione che dovrebbe rendere tutti uguali e dare a tutti le stesse possibilità per il futuro produca invece l’esatto contrario, bloccando sin dalla preadolescenza la possibilità di mobilità e promozione sociale.

L’analisi ci mostra poi come ai danni causati dal sistema scolastico della scuola media non ci sarà rimedio nel liceo: le differenze rimarranno, con le classi più colte e agiate in grado di permettersi di colmare le lacune dei propri figli, e lasciando gli altri in balia delle disfunzioni del sistema.

Messi ben in luce i problemi e le loro dirette conseguenze sul Paese, lo studio della Fondazione Agnelli propone diverse soluzioni, a partire proprio dagli insegnanti. La soluzione più semplice è quella di ridurre l’età del corpo docente: soluzione che si rivela essere anche la più pratica, vista il gran numero di pensionamenti previsti per i prossimi 3 anni (riforma permettendo). Ma le soluzioni vertono poi soprattutto su un cambiamento diretto della didattica, con forme di progettazione comune e apprendimento cooperativo da un lato, personalizzazione e essenzializzazione delle materie dall’altro. Fortemente contrario si rivela poi lo studio riguardo alla riforma dei cicli scolastici, prevista e poi arenatasi in tutte le varie riforme scolastiche presentate dai Governi di questi ultimi anni. Invece di guardare a modelli europei che nulla dimostra siano migliori, sarebbe bene invece concentrarsi a migliorare il nostro e a salvaguardare quel che rimane della sua eccellenza.

Le soluzioni possono essere tante e diverse, sulle quali ognuno può formarsi la propria opinione. Ciò che è più importante, e che riteniamo essere il merito principale dello studio qui esposto, è stato aver finalmente posto il problema di una scuola media purtroppo mediocre, con problemi gravi spesso sottovalutati, per non dire dimenticati. Nel gran parlare che si fa quotidianamente dei giovani ci si dimentica spesso che sono tali non solo quelli compresi nella fascia dai 25 ai 30 anni, e che inoltre i problemi che questi ultimi si trovano ad affrontare, spesso senza vere soluzioni, nascono e si inseriscono nella società ben prima, proprio a partire dalla fase preadolescenziale. Dare prospettive e futuro ai giovani è un processo che bisogna cambiare e sviluppare sin dall’inizio della formazione culturale e sociale di una persona, non solo una volta entrati in contatto col mondo del lavoro.

http://job24.ilsole24ore.com/news/Approfondimenti/2011/11/30/27_A_PRN.php

 

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