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Le vittime del lavoro dimenticate 

Non solo i lavoratori vittime di infortuni mortali ma anche quelli che muoiono a causa di tumori e malattie professionali hanno diritto di maggiori misure di prevenzione e di tutela della loro salute.

Senz’altro destano sdegno, rabbia, indignazione e ribellione notizie come quella della settimana scorsa della morte di 5 lavoratori nel crollo dell’edificio commerciale in costruzione a Firenze. Tali fatti dovrebbero essere quanto meno “utili” a convincersi una volta per sempre che gli infortuni sul lavoro, a maggior ragione quelli mortali, non sono dovuti alla fatalità, ma la tragica conseguenza di errori e responsabilità da individuare con precisione e determinazione. 

Gli errori e le responsabilità sono di due livelli : uno locale specifico degli operatori del posto, della situazione specifica, l’altro di sistema del grado complessivo di cultura e della strumentazione tecnica, istituzionale e legislativa a tutela della salute e sicurezza del lavoro e dei lavoratori. Il dibattito, le analisi, le proposte si moltiplicano e speriamo che maturino delle soluzioni efficaci e soprattutto una maggiore convinzione a tutti i livelli che gli infortuni mortali sul lavoro non sono frutto della fatalità! 

Ma per tante altre vittime del lavoro, lavoratori che muoiono a causa di tumori e altre malattie professionali causate dalla loro attività lavorativa che si possono stimare in circa 8.000 – 10.000 decessi all’anno, c’è il totale silenzio. C’è un’omissione informativa sia dei mezzi di comunicazione che delle stesse istituzioni. C’è una sorta di rimozione collettiva ed istituzionale. 

In questi casi la fatalità la fa da grande padrona. Anche le vittime e i loro familiari vengono demolite nello spirito dalle diagnosi, che lasciano intravvedere o sperare, nell’immediato, in una possibilità di cura, ma che con le vie crucis delle visite specialistiche, della ricerca delle cure sperimentali, con sofferenze debilitanti per la vittima ma soprattutto per i familiari, alla fine non lascia loro nessuna energia per chiedere giustizia.

Dire che in Italia ci sono una media di mille lavoratori che muoiono per lavoro è un imbroglio! Sono non meno di 8-10.000 i lavoratori che muoiono a causa del lavoro svolto ogni anno nel nostro Paese.

C’è il grande “buco nero” dei tumori e delle malattie professionali!

Il Ministero della Salute ha stimato per difetto almeno 15.000 tumori professionali in Italia per l’anno 2018 nel Piano Nazionale per la Prevenzione 2020-2025.

L’Istituto Superiore della Sanità ha studiato e stimato per il periodo 2010-2016, per le sole patologie asbesto correlate, un numero di decessi medi annuo di oltre 4.400 vittime.

Si dovrebbe valutare per difetto che almeno l’80-90% sono da riferire a lavoratori; cioè circa 3.520-3.960 sono decessi da attribuire a vittime del lavoro per le sole patologie dovute all’amianto.

La prosecuzione della ricerca del’ISS anche per il periodo 2017-2020 sembra dimostrare che addirittura ci sia una media annua di vittime per patologie asbesto correlate superiore ai dati medi annui del periodo 2010-2016. Rimaniamo in attesa dei dati ufficiali e formali dello studio ricerca dell’ISS che comunque non sarà oggetto di attenzione di nessun giornale, istituzione, politico, ministro o parlamentare.

Guardiamo ora i dati dell’Inail riferiti al 2018 che sono dati consolidati.

Per gli infortuni complessivamente ci sono stati 645.000 denunce con un riscontro positivo da parte dell’Inail per circa l’81% dei casi pari a 522.400, di cui 101.100 in zona franchigia cioè con un’invalidità riconosciuta fino al 5%, mentre per le malattie professionali, comprensive dei tumori professionali, a fronte di 59.500 denunce, ci sono stati riscontri positivi per 28.545 casi pari al 48% delle denunce.

Per gli infortuni mortali a fronte di 1292 denunce, i casi riconosciuti ed indennizzati dall’Inail sono stati 795, cioè il 61,5% delle denunce.

Per le malattie professionali i decessi riconosciuti ed indennizzati dall’Inail sono stati 1.500 di cui 745 per patologie asbesto correlate. Per i tumori professionali a fronte di 2.700 denunce, ci sono stati 1266 riconoscimenti positivi pari al 47% delle denunce.  

Sostanzialmente la mortalità per lavoro sia in numero assoluto che per in percentuale rispetto ai casi denunciati si evidenzia come nettamente superiore nelle malattie professionali.

Per il 2018 su 645.000 denunce di infortuni, i casi riconosciuti mortali dall’Inail sono stati 795, cioè lo 0,12%. Per le malattie professionali a fronte delle denunce complessive di 43.072 lavoratori, ci sono stati 1.500 casi riconosciuti mortali dall’Inail, pari al 3,48% del totale dei lavoratori che hanno denunciato le malattie professionali.  

Prime considerazioni conclusive.

Non si vuole sminuire assolutamente la tragicità degli infortuni gravi e degli infortuni mortali sul lavoro e per lavoro, ma si vuole evidenziare il “buco nero” di attenzione in tutti i sensi che riguardano le malattie professionali.

La maggiore “soggettività” e sostanziale maggiore complessità che riguarda l’esame e la classificazione delle malattie professionali, e i tumori professionali in particolare, rispetto agli infortuni dovrebbe richiedere maggiore attenzione e maggiore impegno organizzativo e finanziario. Ma di questo, al momento non c’è traccia.
Inoltre esiste una situazione di sperequazione di attenzione delle strutture sanitarie e di tutela anche da parte dell’Inail che lascia perplessi.

Ad esempio è mai accettabile che in Toscana ci sia un numero di denunce di malattie professionali, anno di protocollo  2018, di 5.911 lavoratori con esito positivo per il 50,2% dei casi pari a 2.970 lavoratori, mentre in Lombardia con il triplo della popolazione generale ma anche con una struttura produttiva decisamente più numerosa ci siano la metà delle denunce pari a 3.226 lavoratori, con 1.380 esiti positivi pari a 42,77% delle denunce?

Addirittura in Sicilia a fronte di una popolazione del 50% superiore a quella della Toscana, anno di protocollo 2028, ci sono state all’Inail denunce per malattie professionali per 1.284 lavoratori con l’esito positivo per soli 231 lavoratori,  cioè meno del 18% dei denuncianti.

Cosa significano questi dati ufficiali dell’Inail o meglio cosa potrebbero significare?

Per la Toscana potrebbero significare che la cultura della tutela della salute nel lavoro è molto più diffusa e permea non solo le strutture sanitarie  di base più presenti e diffuse sul territorio, ma anche gli stessi lavoratori ed imprenditori in quanto non c’è a monte una censura e il timore nel denunciare le malattie professionali.

In Lombardia potrebbe essere la manifestazione di una struttura sanitaria regionale meno presente nel territorio, mentre in Sicilia alla debolezza della struttura sanitaria sul territorio potrebbe associarsi anche una cultura del mondo del lavoro restia a denunciare le malattie professionali.

Queste ipotesi interpretative potrebbero determinare anche le diverse risposte in percentuale da parte delle strutture dell’Inail. Cioè una cultura del lavoro più condivisa tra datori di lavoro e dipendenti, unitamente ad una struttura sanitaria regionale più presente sul territorio, soprattutto con la medicina del lavoro, possono rendere ragione del fatto che la Toscana abbia rispetto alla Lombardia e alla Sicilia sia il primato delle denunce di malattie professionali che quello degli esiti positivi rispetto ai riconoscimenti degli indennizzi da parte dell’Inail. In sostanza ne “beneficiano” i lavoratori della Toscana ma anche l’Inail risponde meglio alla sua missione anche se comunque la percentuale dei riconoscimenti è ancora largamente insoddisfacente. Rimane un ultimo interrogativo; ma Ministero del Lavoro e Ministero della Salute ragionano su questi dati? E il Sindacato?     

*Già Presidente del Fondo per le Vittime dell’Amianto presso Inail.

Conduttore della Rubrica “Amianto, tumori e malattie professionali” sulla Web Radio Anmil.

Referente “Ambiente, salute e sicurezza” per Associazione Nuovi Lavori.

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