Nelle scorse settimane è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il disegno di legge sul “lavoro agile” (contenente anche misure per la tutela del lavoro autonomo), attualmente all’esame delle commissioni parlamentari.
Il lavoro agile, o smart working, risulta fortemente in crescita nel nostro Paese, soprattutto nelle aziende medio-grandi, sulla base di accordi collettivi aziendali, ai quali in parte si rifà la proposta di legge del Governo. La sua diffusione è invece ancora molto limitata nelle piccole e medie imprese. Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2015 il 17% delle grandi imprese ha avviato progetti di smartworking, il 14% è in fase esplorativa e il 17% ha introdotto alcune flessibilità. Solo il 5% delle aziende medie e piccole ha avviato un progetto di lavoro agile.
Implicando un ripensamento dei tradizionali vincoli di luogo e orario di lavoro, puntando su una maggiore autonomia del lavoratore nel definire le modalità con le quali svolgere la prestazione lavorativa, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati, il lavoro agile può rivelarsi vantaggioso sia per i datori di lavoro che per i lavoratori. Per i primi, esso comporta abbattimento di alcuni costi fissi, maggiore motivazione dei dipendenti, diminuzione dell’assenteismo, in una parola aumento della produttività. Per i secondi, si riducono i tempi per gli spostamenti, si conquista autonomia, soprattutto si conciliano i tempi di lavoro con quelli di vita e della famiglia.
Accanto alle interessanti opportunità, vanno tuttavia attentamente valutati i rischi legati principalmente alle difficoltà di accesso ai percorsi di carriera, al rischio di emarginazione dalla vita aziendale, al lavoro durante la malattia, alla difficoltà di “staccare la spina”, all’aumento dello stress, alle problematiche relative all’applicazione delle diverse tutele, comprese le normative sulla sicurezza.
Si tratta, in ogni caso, di una innovazione profonda che implica nuovi modelli di organizzazione del lavoro, nuove modalità di misurazione degli obiettivi, nuove forme di responsabilizzazione per chi lavora, e che richiede quindi, sia al management, che ai lavoratori, che al sindacato, di superare chiusure culturali ma soprattutto di affrontare con concretezza le difficoltà di regolamentazione e tutela, affinchè siano massimizzati i vantaggi ed esclusi i rischi.
Si aprono dunque diverse opportunità per la contrattazione collettiva, ma il disegno di legge governativo, dopo aver stabilito alcune tutele di base, affida alla contrattazione individuale la regolamentazione del rapporto di lavoro, lasciando un ruolo residuale alla contrattazione collettiva. Vediamo in maggior dettaglio.
Tecnicamente, il lavoro agile non configura una nuova tipologia contrattuale, bensì una modalità flessibile di svolgimento della prestazione lavorativa. Infatti, secondo la definizione del citato disegno di legge il lavoro agile è una prestazione di lavoro subordinato che si svolge con le seguenti modalità: esecuzione della prestazione lavorativa in parte all’esterno dei locali aziendali, ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva; possibilità di utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa; assenza di una postazione fissa per il lavoro svolto all’esterno dei locali aziendali. Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore. Mentre il telelavoro prevede postazioni remote fisse dalle quali svolgere con continuità la prestazione lavorativa, il lavoro agile si distingue per il carattere non necessariamente regolare e continuativo, e per non essere collegato ad un luogo fisso di lavoro.
Quanto alla disciplina del rapporto di lavoro, il disegno di legge, come evidenziato, prevede che il lavoro agile possa attivarsi con un accordo individuale scritto che disciplini, in relazione alla prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali: le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro; gli strumenti utilizzati dal lavoratore; i tempi di riposo; l’esercizio del potere di controllo del datore, le condotte del lavoratore che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari. L’accordo può essere a termine o a tempo indeterminato. In tale ultimo caso il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a trenta giorni. In presenza di un giustificato motivo ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato.
Il lavoro agile ha dunque carattere volontario e reversibile sia per l’impresa che per il lavoratore. Quando si parla di “recesso” si fa quindi riferimento all’interruzione della modalità di lavoro agile stabilita nell’accordo e non all’interruzione del rapporto di lavoro.
Il disegno di legge assicura, al lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, il diritto di ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda
Riguardo al delicato problema della protezione dei dati, è previsto che il datore di lavoro debba adottare misure atte a garantire la protezione dei dati utilizzati dal lavoratore e che quest’ultimo sia, a sua volta, responsabile della riservatezza dei dati stessi.
Relativamente alla sicurezza sul lavoro, si stabilisce solo un obbligo generale per il datore di lavoro di garantire la tutela della salute e sicurezza del lavoratore “agile” e di consegnargli, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta circa i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di svolgimento della prestazione. Pur tenendo conto dell’impossibilità da parte del datore di lavoro di controllare i luoghi di svolgimento della prestazione lavorativa, andrebbe quantomeno precisato che l’uso delle attrezzature di lavoro va effettuato secondo le previsioni del d.lgs. n. 81/2008, il testo unico sulla sicurezza, e che se la prestazione avviene mediante collegamento informatico e telematico, devono ugualmente trovare applicazione le disposizioni del citato testo unico circa le tutele per l’utilizzo dei videoterminali. Va infine garantita la preventiva formazione del lavoratore alla sicurezza, in relazione ai rischi che la nuova modalità di lavoro può comportare.
Si garantisce la copertura contro gli infortuni anche per eventi accaduti al di fuori dei locali aziendali. Significativo è anche l’adattamento della disciplina concernente la copertura dell’infortunio “in itinere”, essendo coperti gli infortuni occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa.
Il testo governativo è un buon passo avanti nel voler riconoscere e regolamentare diritti e tutele dei lavoratori “agili”. Se, infatti, il lavoro agile costituisce un’evoluzione del tradizionale telelavoro, ciò non significa che le tutele previste per quest’ultimo siano tutte automaticamente applicabili. Peraltro il telelavoro è regolamentato per legge in Italia solo nelle pubbliche amministrazioni, mentre nei settori privati esistono solo regolamentazioni contrattuali.
Tuttavia, come evidenziato, non condividiamo che si sia scelta la strada di affidare l’attivazione del lavoro agile ad un accordo individuale, che dovrà, peraltro, anche regolamentare la disciplina del rapporto di lavoro. Se è condivisibile che una serie di questioni non vengano regolamentate per legge, perché vanno adeguatamente affrontate caso per caso, l’affidamento alla sola contrattazione individuale della regolamentazione di questa nuova modalità di lavoro comporta l’evidente rischio di una potenziale compromissione dei diritti e delle tutele del lavoratore, che resta la parte debole del contratto.
Deve essere la contrattazione collettiva di secondo livello ad assumere il compito di coniugare opportunità e tutele, e tale compito dovrebbe esserle esplicitamente affidato dalla legge. Invece il disegno di legge riserva alla contrattazione collettiva a tutti i livelli (nazionale, territoriale, aziendale) un ruolo residuale, con la possibilità di introdurre “ulteriori previsioni” relative al lavoro agile. Riteniamo che invece, anche guardando alle esperienze aziendali di maggior successo, alla contrattazione collettiva andrebbe affidata l’intera disciplina applicativa del lavoro agile, anche in considerazione del fatto che la riorganizzazione del lavoro per obiettivi che esso richiede risulta praticabile solo se decisa sulla base di strategie ed azioni condivise a livello aziendale.
Vi è anche la strada di introdurre incentivi specifici all’azienda che stipula un accordo collettivo di regolamentazione del lavoro agile, cosa ben diversa dalla previsione, pure positiva, contenuta nel disegno di legge, circa l’applicabilità della detassazione del premio di produttività anche ai lavoratori che svolgano l’attività lavorativa in modalità di lavoro agile.
Circa gli ambiti e i contenuti che potrebbero essere utilmente affrontati dalla contrattazione, bastino pochi esempi.
L’ambito più importante e delicato è quello relativo alla disciplina del rapporto di lavoro, che il disegno di legge affida fondamentalmente, come visto, alla contrattazione individuale. Si pensi all’esercizio del potere direttivo e di controllo, che dovrà riguardare contenuti e risultati della prestazione lavorativa; ai comportamenti del lavoratore, per la prestazione resa al di fuori dei locali aziendali, che possono dar luogo a sanzioni disciplinari, ai giustificati motivi di recesso, al regime degli orari e dei riposi, nell’ambito del quale va introdotto il diritto, di nuova generazione, alla disconnessione, vale a dire il diritto di non utilizzare, in alcune fasce orarie, le apparecchiature che servono allo svolgimento della prestazione lavorativa, un diritto di portata trasversale, che ha a che fare anche con la salute e sicurezza e con la conciliazione dei tempi vita e lavoro.
Un secondo ambito è relativo alla formazione: la contrattazione dovrebbe dare al lavoratore “agile” le medesime opportunità di accesso alla formazione e di sviluppo di carriera previste per i lavoratori comparabili, prevedendo inoltre non solo il diritto ad una formazione specifica sugli strumenti tecnici di lavoro da utilizzare ma anche sulle caratteristiche di tale forma di organizzativa, vale a dire una formazione per l’ “accompagnamento” al lavoro agile, in modo da evitare l’eventuale emarginazione.
La disciplina collettiva dovrebbe infine prevedere una verifica dei risultati ottenuti dall’utilizzo di modalità di lavoro agile, individuando a tal fine una sede congiunta, così come per la soluzione delle eventuali controversie.
Con una legislazione “soft”, affiancata da una solida regolamentazione contrattuale, ci troveremmo in presenza di un quadro di regole in grado di coniugare produttività dell’impresa e opportunità e benessere del lavoratore.
(*) Segretario Confederale Cisl