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Potenziarlo non sarebbe ‘’fuori dal mondo’’

Tra le varie proposte che hanno animato il recente dibattito politico troviamo inaspettatamente quella sul servizio civile nazionale su base volontaria, l’istituto introdotto dalla legge n. 64 del 2001 a seguito della riforma dell’esercito italiano in senso professionale e rivolto ai giovani  tra i 18 e 28 anni.  

Da un inizio esaltante, il servizio civile nel corso degli anni è stato ridotto, grazie al continuo taglio di risorse finanziarie, ad esperienza per pochi eletti pur non intaccando la risposta giovanile che ciò nonostante è rimasta significativa in termini di adesione. Ora che il Paese ha tanti problemi da affrontare, guardando in  particolare al futuro delle giovani generazioni, da più parti viene tirato in ballo il  servizio civile e la necessità di un suo rilancio che negli anni ha prodotto varie proposte di riforma, compresa una targata Giovanardi, al tempo in cui era Ministro con delega anche al servizio civile, che però non hanno avuto alcun esito parlamentare. 

Oggi si chiede persino di farne un istituto obbligatorio per tutti i giovani e, non ultima, la proposta di un servizio civile per il lavoro. Sul suo carattere volontario o obbligatorio ci sembra di assistere ad una discussione di “sofisti”, soprattutto se guardiamo al contesto attuale in cui scarseggiano le risorse, perché se fosse rivolto a tutti i giovani sarebbe un impegno organizzativo e quindi finanziario non del tutto indifferente. 

Ma, come Cisl, non intendiamo e né vogliamo alzare alcun muro ideologico a riguardo; diciamo soltanto che il momento per andare in questa direzione è passato da un pezzo, anzi coloro che adesso premono per l’obbligatorietà di questa esperienza, nel momento del passaggio da servizio obbligatorio a servizio volontario, salutarono il cambiamento come liberazione per le giovani generazioni da un vincolo odioso e per molti versi inutile. 

Noi all’epoca eravamo molto preoccupati della trasformazione dell’esercito in apparato composto da soli professionisti, perché vedevamo in questo un pericolo antidemocratico che avrebbe portato i cittadini, o almeno la parte civile del Paese, a disinteressarsi dei problemi legati ai conflitti, delegando interamente la materia agli addetti ai lavori. Forse non avevamo tutti i torti. 

Comunque, tornando al tema del rilancio/riforma del servizio civile è bene che si chiarisca cosa si vuole fare in merito. Per la Cisl le finalità originarie non vanno snaturate ma potenziate. E’ necessario che il servizio civile conservi il suo carattere nazionale ed omogeneo su tutto il territorio, restando ancorato al concetto di difesa della Patria nella nuova e più ampia veste di difesa civile non armata e non violenta del Paese, del suo territorio e dei suoi cittadini, con il contributo importante delle Regioni e delle Province autonome, che di fatto usufruiscono e usufruiranno delle sue ricadute concrete nelle rispettive aree di appartenenza. 

Per evitare inoltre sovrapposizioni e diatribe tra l’Ufficio Nazionale della Presidenza del Consiglio e le istituzioni regionali e provinciali bisognerebbe strutturare la macchina organizzativa del servizio civile, al fine di renderla più funzionale ed efficiente, assegnando a ciascuno un ruolo ben definito e non in concorrenza con gli altri, a partire dalla fase dell’accreditamento per finire  alle campagne di informazione e sensibilizzazione  nei confronti dei giovani e alla formazione degli operatori del servizio civile. 

La finalità principale dovrà rimanere l’educazione dei giovani alla cittadinanza attiva e all’impegno, alla partecipazione, a vivere a contatto con i problemi del Paese legandosi al proprio territorio, sviluppando le proprie capacità di proposta e concretizzando quella voglia di essere utili e solidali che traspare nelle parole di chiunque abbia avuto modo di fare questa esperienza; insomma, costruendo capitale sociale. 

Se si investe sui giovani, di conseguenza si investe sul futuro del Paese. Questo deve essere innanzitutto, per la Cisl, il servizio civile. Il lavoro potrà essere una conseguenza positiva, anzi ben venga, così come lo è stata per molti, ma non può trasformarsi nella sua finalità principale, altrimenti finiremmo per avere una sorta di nuovi lavori “socialmente utili”, svuotando il servizio civile del suo significato più profondo e svilendone la sua qualità principale, quella educativa. 

Per risolvere il problema del lavoro dei giovani occorrono soprattutto politiche attive capaci di creare posti di lavoro attraverso l’attrazione degli investimenti e potenziando innovazione e ricerca, flessibilità e produttività e accorciando la distanza, ancora grande, tra formazione e lavoro (ad es. apprendistato). 

L’altra questione che rimane aperta, ed è senz’altro la più spinosa da affrontare, è quella dei Fondi, ridotti ormai al lumicino e senza alcuna programmazione, tant’è che ogni anno si è costretti a chiedere soldi per poter avviare i bandi di selezione, con ricadute motivazionali non indifferenti sui giovani candidati che spesso, anche per i lunghissimi tempi di attesa tra selezione e avvio al servizio, si vedono costretti a rinunciare. L’idea da parte di alcuni Enti di una programmazione pluriennale del servizio con un’adeguata dotazione di fondi, assicurando la partenza di almeno 35-40 mila volontari l’anno, non sarebbe proprio “fuori dal mondo” ma servirebbe a dare più certezze invogliando gli stessi Enti del privato sociale ad investire di più in questo istituto. 

La riforma del servizio civile, infine, dovrà essere improntata alla inclusione sociale dei giovani immigrati, attualmente al centro di sentenze da parte di alcuni tribunali amministrativi regionali che di fatto stanno rendendo nulla quella parte della legge che tra i requisiti cita espressamente quello di essere cittadino italiano escludendo molti giovani stranieri che vivono da anni e si sentono a tutti gli effetti cittadini italiani ma non lo sono dal punto di vista formale. Il Servizio civile potrebbe essere una grande opportunità di integrazione e potrebbe valere anche come percorso per ottenere la cittadinanza italiana, aspetto su cui  si discute da anni vivacemente per le diverse posizioni in campo.  Auspichiamo dunque che il nuovo Esecutivo, da poco insediato, investa veramente sul servizio civile portandolo ad essere, come era un tempo, in alternativa al servizio di leva, un momento iniziatico di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, dalla formazione all’impegno attivo.

(*) Segretaria confederale Cisl

 

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