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Quattro misure immediate per i giovani senza lavoro

Il pacchetto Letta sulla disoccupazione giovanile è intervenuto sull ́offerta, con provvedimenti che potrebbero consentire a qualche migliaia di giovani di essere assunti per un anno e mezzo. Non è molto e non è neanche detto che abbiano gli effetti desiderati, ma con i vincoli nazionali ed europei, si dice, non si poteva fare di più. Studiando meglio le esperienze positive di altri Paesi, possono essere ipotizzate alcune misure immediate per realizzare le quali basterebbe solo la volontà politica delle parti sociali. Le misure qui proposte sono essenzialmente riprese da Pierre Carniti (La risacca, Altrimedia, 2013).

 

La prima misura consiste nell ́adeguamento degli orari di lavoro italiani all ́Europa, eliminando l ́assurda ed anti occupazionale defiscalizzazione dello straordinario, che fa sì che oggi l ́Italia sia l ́unico tra i grandi Paesi dove lo straordinario costa meno dell ́ora ordinaria. Con il risultato che l ́orario medio annuo dei lavoratori full time italiani è del 13% superiore a quello europeo, del 20% a quello francese e del 26% a quello tedesco, con orari annui (dati Ocse) di 1774 per l ́Italia, 1571 per l ́Europa, 1476 per la Francia, 1406 per la Germania. Nell ́ipotesi minima che la misura interessi solo 10 milioni dei 16 milioni di dipendenti e che essa consenta di ridurre del 10% gli orari, col coefficiente di riduzione di 0,5 normalmente usato a livello internazionale si calcola che si potrebbero creare 500mila posti lavoro, senza alcun costo per lo Stato.

Una seconda misura immediata consiste nell ́aumento del part-time. Oggi in Italia il part-time è usato solo per discriminazioni di genere (per le donne) e per i tagli al personale ed è il 20% del totale contro un 30%europeo. Se si riuscisse con opportuni provvedimenti – qualcosa di simile ai contratti di solidarietà- ad aumentare dal 20% al 30% la quota di part-time, su una base minima di 10 milioni di lavoratori dipendenti, l ́effetto occupazionale sarebbe di 1 milione di unità.

Una terza misura è quella a cui il governo sta già lavorando, il pensionamento flessibile, sul modello della Progressive pension, in vigore da anni in Germania ed altri Paesi nordici. Come a suo tempo ipotizzato dalle riforme Amato e Dini e come consentito dal passaggio al sistema previdenziale contributivo. Anche qui le resistenze vengono da una imprenditoria italiana pigra, incolta (secondo Eurostat nel 2010 ben il 37% dei manager italiani aveva appena completato la scuola dell ́obbligo, contro il 19% dei manager europei), largamente povera di sensibilità sociale. Basta dare uno sguardo agli accordi di produttività stipulati in Italia, in Germania e Francia per vedere le distanze siderali di strategie e di garanzie previste.

La quarta misura «immediata» concerne il «Servizio civile» per i giovani tra i 20 ed i 25 anni. La proposta potrebbe essere integrata con la misura europea Garanzia giovani già varata a Bruxelles. Servizio da svolgere, secondo Carniti, in attività socialmente utili presso associazioni senza scopo di lucro, secondo me senza escludere aziende avanzate che hanno qualcosa da insegnare. Una durata del servizio per 10 mesi e 100mila giovani, compensata da 500 euro al mese costerebbe allo Stato 500 milioni. Naturalmente il Servizio potrebbe essere utilmente svolto anche presso la pubblica amministrazione, nazionale e locale, di cui una delle principali cause di inefficienza consiste nell ́invecchiamento del personale.

Basta guardare allo stato miserevole della banca dati del ministero del lavoro, la borsalavoro, base indispensabile per ogni politica attiva del lavoro. Forse queste proposte possono apparire troppo straordinarie. La situazione dell ́Italia in materia di giovani è straordinaria, troppo grave per non guardare anche oltre le misure ordinarie oggi possibili.

Siamo il Paese più vecchio del mondo (45 anni di età media) ma che invecchia male. Anche la Germania è a noi prossima tra i Paesi più vecchi del mondo, ma le misure che essa ha preso in materia di occupazione e redistribuzione del lavoro, prossime a quelle qui proposte, dimostrano che la Germania (che dal 1992 ha abolito gli straordinari sostituendoli con la banca delle ore), invecchia meglio di noi. Con una crescita del Pil in 10 anni inferiore all ́1% annuo, ha una disoccupazione giovanile del 7%. Invece di inveire contro Merkel, sarebbe meglio che politici, imprenditori e sindacalisti studiassero un po ́ meglio il tedesco.

(*) Presidente della società di business intelligence, Onesis SpA

 

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