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Dall’ Europa raccomandazioni pesanti

Fra i numerosi documenti da segnalare, merita attenzione particolare la recente “Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia” (in www.europa.eu), formulata a seguito della presentazione del Programma nazionale di riforma 2014 e del Programma di stabilità 2014 da parte del Governo italiano. 

Il documento è molto meno ovvio di quanto possa sembrare, soprattutto per le indicazioni di metodo che se ne ricavano.

Sembra evidente che il Consiglio raccomanda non tanto un taglio drastico della spesa pubblica   che affligge lo Stato italiano, quanto un incremento di efficienza e di produttività del Sistema Italia. Meglio, un rapporto esplicito di mezzo a fine, attraverso i  “significativi risparmi annunciati che provengono da un miglioramento duraturo dell’efficienza e della qualità della spesa pubblica a tutti i livelli di governo, preservando la spesa atta a promuovere la crescita, ossia la spesa in ricerca e sviluppo, innovazione, istruzione e progetti di infrastrutture essenziali”

Dopo aver indicato esplicitamente le priorità dell’impegno riformatore, fra le quali si evidenzia la lotta all’evasione fiscale, all’economia sommersa e al lavoro irregolare, un capitolo è dedicato alla Pubblica Amministrazione e all’indispensabilità del recupero della sua efficienza a tutti i livelli “nell’ambito di un potenziamento degli sforzi intesi a far progredire l’efficienza della pubblica amministrazione e a precisare le competenze a tutti i livelli di governo”.

Questo significa che tale impegno deve riguardare l’intero Governo e quindi deve avere natura e valenza progettuale proprio alla luce delle numerose e gravose priorità raccomandate.

In altre parole la spending review si realizza non solo registrando una diminuzione di spesa a situazione invariata, ma anche – e soprattutto – se i risparmi derivanti dai tagli vengono contestualmente utilizzati per aumentare l’efficienza dell’Amministrazione e dei servizi che deve rendere per favorire la crescita. Altrimenti – per fare un esempio – se un’azienda tedesca vuole investire in Italia non sarà certo invogliata dall’apprendere che i Tribunali Italiani continuano ad essere inefficienti, ma, in compenso, …… costano meno !

E quindi, progettualità che non significa buoni propositi. 

Nello stesso documento del Consiglio UE in materia di effetti delle riforme del Mercato del Lavoro si chiede addirittura “una tabella di marcia dettagliata degli interventi entro settembre 2014”.

Ma nell’ambito dell’organizzazione della Pubblica Amministrazione chi è in grado di progettare?

Non certo i singoli Ministeri, compreso quello della Funzione pubblica.

Ma non per negligenza dei dipendenti, ma perché non esistono e non sono previste professionalità adeguate.

L’ultimo tentativo in tal senso è stato fatto da un giurista trentacinque  anni fa, quando il Ministro per la Funzione pubblica dell’epoca Massimo Severo Giannini presentò al Parlamento un Rapporto sui principali problemi della Amministrazione dello Stato. Chi avrà voglia di leggerlo si accorgerà che è molto di più di semplici “Linee guida” e tuttavia anche quell’importante sforzo propositivo non ha trovato adeguata attuazione.

Intanto si potrebbe iniziare dall’Amministrazione centrale chiedendo, magari (e perché no?) con un bando di gara europea un Progetto chiavi in mano con tempi e costi sulla base di una legge delega.

Non credo che ci voglia più tempo che ad eliminare il bicameralismo perfetto, di cui peraltro non si fa cenno nei documenti dell’Unione Europea.

In materia, le linee guida e le proposte non mancano: dai ruoli unici alla mobilità, agli orari di lavoro, alla dirigenza come incarico e non come qualifica, alle funzioni di staff distinte da quelle di line, al contenzioso e via proseguendo.

Anche perché le Raccomandazioni contenute nei paragrafi 6,7 e 8 non sono uno scherzo: 

rendere operativo il sistema nazionale scolastico rinnovato;

adeguare il contesto normativo alle esigenze delle imprese;

promuovere la concorrenza;

adottare entro il 2014 gli affidamenti in house; ecc.

D’altra parte lo Stato italiano in questo ultimo ventennio non ha fatto molto per conquistare la fiducia dei partners europei e quindi, a parte le strumentalizzazioni, non può sorprendere la stonata dichiarazione del Governatore della Bundesbank contro il sistema degli annunci di Renzi. Che non può essere contrastata solo con repliche piccate.

A costo di apparire noiosi e ripetitivi, Il Governo ha già gli strumenti per fare qualcosa di concreto piuttosto che far approvare dal Parlamento leggi di riforma, con tutti i problemi dell’iter parlamentare di queste iniziative.

Esiste, ad esempio,  una importante legge numero 400 del 23 agosto 1988 che disciplina l’attività di Governo e l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Un Premier decisionista verrebbe sicuramente apprezzato se riuscisse a sbloccare gli 812 provvedimenti attuativi di leggi approvate e non applicate di cui parla Antonella Baccaro sul Corriere della sera.

Per questo abbiamo detto e continuiamo a dire che prima di fare altre leggi occorre che il Governo nel suo insieme e i giovani Ministri che lo compongono devono dimostrare di essere in grado di fare il loro mestiere di Capi delle singole Amministrazioni,  che è anche quello di adottare o far adottare gli atti normativi non riservati alla legge, come previsto dettagliatamente dall’art. 17 della legge predetta.

Altrimenti si dà spazio ai malpensanti interni ed esterni (Repubblica e Il Corriere della sera lo leggono anche in Germania).

D’altra parte, proprio il rinnovamento generazionale apportato da Renzi non consente lo scaricabarile nei confronti della dirigenza o dei dipendenti pubblici in generale. O meglio intanto si dimostri che non esistono strumenti diversi da nuove leggi.

Forse è il caso di ricordare che quando fu adottata la legge n. 400 si svolse un serrato dibattito parlamentare e dottrinale che portò alla esplicita introduzione nell’ordinamento dei Regolamenti  per l’organizzazione e il funzionamento della amministrazioni pubbliche.

Ed infine merita un’importante segnalazione quello che non c’è fra le Raccomandazioni del Consiglio Europeo.

Ebbene nessuna richiesta viene formulata per quanto concerne il sistema pensionistico obbligatorio.

Si deve quindi ritenere che le numerose riforme che si sono succedute garantiscono un equilibrio accettabile e quindi sarà sufficiente concentrarsi su un’applicazione della normativa che assicuri la garanzia dei diritti costituzionali dei lavoratori in un corretto contesto di solidarietà, assicurando agli utenti, fra i quali ci sono ovviamente le imprese, la massima efficienza del sistema che è ora concentrato in un unico (imponente) Ente che, peraltro,  è ancora in attesa della definizione del sistema di governance.

 

 

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