Come è largamente acquisito la nuova carta sociale si caratterizza fondamentalmente per essere dentro una logica di inclusione attiva, in modo differente rispetto alla prima, di natura esclusivamente assistenziale (I). E’ da evidenziare che i due istituti coesistono.
2. In particolare la sperimentazione della carta sociale di inclusione attiva, in base al primo stanziamento di 50 milioni, si è caratterizzata per: approccio sperimentale; limitazione territoriale alle 12 aree metropolitane; particolari requisiti selettivi personali, familiari, economici, lavorativi, integrabili dai comuni previo accordo con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali; ammontare mensile dei trasferimenti variabile, a seconda del numero dei componenti il nucleo familiare, da 231 a 404 euro; gestione dei comuni della presentazione delle domande e delle graduatorie; gestione dell’INPS delle verifiche e dei trasferimenti economici; progetto personalizzato, vincolante per i nuclei familiari beneficiari, definito dai comuni e volto al superamento della condizione di povertà, al reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale; attivazione della carta elettronica da parte delle Poste.
3. Stanziamenti ulteriori, pur insufficienti nella prospettiva del Sostegno all’Inclusione Attiva ( SIA), sono già stati previsti per proseguire l’esperienza.
Ai fondi nazionali ordinari e ai residui di risorse FSE va aggiunto il finanziamento relativo al PON Inclusione, che sarà destinato prevalentemente al sostegno del SIA. (II)
4. Le norme dell’istituto in questione e le ipotesi di rifinanziamento previste hanno indotto ad equivoci, nel senso di lasciare aperta l’ipotesi di automatismi nell’attuazione dell’estensione del provvedimento e quindi dell’utilizzo degli stessi criteri e della stessa modulistica (III) . In realtà per l’attuazione vi è da definire la suddivisione territoriale dei finanziamenti ordinari, il raccordo con il PON Inclusione, considerare la valutazione dei risultati delle sperimentazioni e, sul piano dei requisiti, la novità dell’entrata in vigore del nuovo ISEE. Sottoposto recentemente alla sentenza negativa del TAR del Lazio.(IV)
Un comunicato del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali emanato il 26 gennaio (V) scorso ha smentito, infatti, la notizia, pubblicata da vari siti internet, circa l’avvio a tutti i comuni delle otto Regioni del Sud Italia della nuova carta sociale (la cosiddetta social card sperimentale). Le regioni interessate sarebbero state Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Abruzzo e Molise, Campania. Questi territori si sarebbero aggiunti alle originarie 12 città di sperimentazione ( Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia e Verona). I siti web avevano messo a disposizione anche la modulistica da stampare e portare presso gli uffici.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha chiarito, al riguardo, che allo stato attuale l’estensione della misura nelle Regioni del Mezzogiorno è tuttora in via di definizione, pertanto non è possibile presentare domande.
5. In una fase avanzata della sperimentazione sono stati riportati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali i primi risultati conseguiti. (VI) I dati evidenziano: una diversa distribuzione delle risorse impegnate e spese tra i vari comuni, ma comunque l’esistenza di residui di risorse da spendere; un differenziale tra il numero dei soggetti eleggibili in base alle analisi nazionali, quello delle domande presentate e degli effettivi beneficiari dei trasferimenti (VII) .
6. La sperimentazione è stata oggetto di analisi e valutazioni di segno diverso: quelle “entriste” che hanno messo in evidenza aspetti positivi e di criticità, in una logica evolutiva di superamento; quelle largamente critiche, sostenenti l’occasione mancata per uno strumento universale di reddito minimo d’inserimento. Il primo approccio trova sostegno nelle riflessioni di M.C. Guerra. Il secondo approccio è sostenuto, ad esempio, dalle posizioni di C. Saraceno (VIII).
7. Sul piano generale, la sperimentazione ha permesso di riflettere sui requisiti, sul ruolo dei comuni, sul sistema di controllo ex ante, su altri aspetti di “sistema”.
Il criterio che si è rivelato più significativo è stato quello del “disagio lavorativo”: la misura non era diretta ai nuclei familiari in povertà cronica senza esperienza nel mercato del lavoro regolare, ma alla prevenzione della stessa povertà dei soggetti espulsi dal lavoro o con reddito da lavoro insufficiente. A riguardo è stata sollevata la riflessione da fare sul mantenimento del requisito del disagio lavorativo nel proseguire l’intervento.
Sempre riguardo ai requisiti è da sottolineare che la sperimentazione non si è potuta avvalere del nuovo ISEE, che permetterebbe di avere una fotografia più puntuale della situazione economica della famiglia. In realtà il ricorso immediato al nuovo ISEE per il proseguo della sperimentazione e della sua estensione è inficiato dalla citata sentenza del TAR del Lazio.
L’applicazione dei requisiti si è differenziata tra i comuni. Sia per quanto riguarda i tempi diversi, sia per quanto riguarda le procedure. In molti hanno preferito far riferimento alle liste già in possesso dell’amministrazione piuttosto che ricorrere allo specifico bando. Oltre ai vantaggi della possibilità di introdurre criteri aggiuntivi e della questione della riduzione dei tempi, ciò ha evitato l’attivazione di domanda eccessiva ed un inutile carico di lavoro aggiuntivo degli uffici.
Come maggiormente rilevante è da segnalare il problema del limitato sostegno all’avvio dell’iniziativa per cui non tutti i potenziali beneficiari sono venuti a conoscenza della misura. E’ stata carente la diffusione dell’informazione a livello nazionale e locale, stante il rischio di uno squilibrio tra risorse disponibili e bisogno potenziale.
In verità tutta l’operazione sperimentale è stata realizzata con costi di gestione non aggiuntivi rispetto alla spesa ordinaria.
Questo aspetto introduce la riflessione sulla necessità di un’azione di assistenza tecnica di supporto comprensiva di un piano di comunicazione articolato e coordinato tra livello nazionale e locale. Ciò sarà maggiormente possibile con le risorse previste dalla Programmazione 2014/ 2020.
Altro risultato acquisito è la disciplina dei controlli preventivi nell’incrocio di dati nazionali (INPS, Agenzia Entrate) e comunali: ciò ha permesso di individuare un numero elevato di casi di non idoneità per assenza dei requisiti, pur autocertificati, da disagio lavorativo ma anche economici. Questo ha comportato almeno due vantaggi:
- – il contrasto delle frodi e la sostenibilità economica della misura;
- – la prevenzione di tensioni sociali per il riconoscimento del beneficio al dichiarante il falso piuttosto a chi si trova realmente in situazione di bisogno.
Come in altre sperimentazioni, inoltre, hanno pesato fattori di messa a punto della macchina:
- – dell’INPS relativamente alla definizione dei potenziali beneficiari, all’accertamento dei requisiti lavoristici e all’attuazione dei trasferimenti;
- – delle Poste, o comunque della distribuzione ed attivazione delle carte elettroniche (IX) .
Una carenza informativa rilevata dai comuni è quella del mancato flusso di ritorno dall’INPS e dalle Poste circa il perfezionamento delle condizioni di beneficiari.
8. La dimensione territoriale della sperimentazione.
La responsabilizzazione dei comuni nella sperimentazione è stata una condizione vincolante in coerenza con gli assetti istituzionali (X). La configurazione quindi del welfare locale ha giocato un ruolo importante nello sviluppo della sperimentazione in raccordo con la governance nazionale.
Le analisi dei contesti territoriali che hanno accompagnato la sperimentazione hanno riguardato 7 aree metropolitane, evidenziando:
- – l’esistenza di modelli di welfare con caratteristiche diverse tra loro,
- con le città meridionali carenti di attori pubblici e terzo settore, scarsa diffusione di servizi sia tradizionali che innovativi ed un contesto sociale problematico, poco coeso,
- con le città del centro nord dotate: di un’offerta ampia e diffusa di servizi e attente al loro sviluppo; di un forte mix di attori pubblici e privati, con un ruolo centrale; di una discreta coesione sociale.
- che in larga parte nell’ambito sociale dell’area:
- è capofila il comune,
- o sono stati definiti gli ambiti,
- o vi è una configurazione diversa dei piani di zona,
- o si è attivato a riguardo della sperimentazione quasi esclusivamente il personale del comune capofila,
- o l’assistenza tecnica non sempre è esplicitata ed è fornita da soggetti istituzionali e non,
- o per coinvolgere i vari livelli istituzionali e gli attori sociali privati si fa ricorso in prevalenza a tavoli tematici e di concertazione interistituzionale.
Quello della rete territoriale pubblico-privato già impegnata in attività di contrasto alla povertà è stata indicata come punto di forza delle esperienze di successo come quella di Torino (XI) .
9. Conclusioni.
La natura stessa di sperimentazione presenta inevitabilmente punti di difficoltà e di verifica per le indicazione positive. Comunque nell’avvio di un processo di SIA, l’approccio, anche per l’entità delle limitate risorse a disposizione, si è dimostrato congeniale alla verifica di una serie di aspetti .
La prima questione, quindi, è quella di avere a disposizione finanziamenti adeguati, a maggior ragione se ci si muove nell’estensione progressiva della copertura territoriale.
I finanziamenti nazionali ordinari, anche integrati dai residui della programmazione 2007/2013, propongono l’ipotesi di una sperimentazione ponte da agganciare alla nuova fase FSE. L’urgenza oltre che per la continuità di interventi nei confronti dei beneficiari, deriva dal “mantenere caldi” gli attori pubblici e privati dedicati alla sperimentazione.
Si tenga comunque presente che le risorse comunitarie possono supportare in alcuni aspetti la costruzione di un sistema SIA che dovrà nel periodo essere sostenuto da risorse nazionali, il cui fabbisogno a regime è già stato quantificato.
E’ da condividere l’ipotesi di mantenimento dei requisiti e delle misure già adottati e gli aggiustamenti da parte dei comuni, il ruolo dell’INPS come punto di riferimento nazionale di un sistema informativo e gestionale interattivo con regioni e comuni.
A riguardo si tratta di verificare la soluzione all’impasse sull’entrata del nuovo ISEE e del suo impatto, significativo per tutta la politica sociale.
L’ipotesi di sperimentazione ponte estesa introduce la costituzione ed attivazione di una forte governance a livello nazionale.
Poche informazioni abbiamo a disposizione sulla realizzazione nella prima sperimentazione di un sistema di governance multilivello incardinata nella Direzione generale (Ministero, INPS, Agenzie delle Entrate, Poste, Associazione di Comuni), aperto alle associazioni del Terzo settore. Alcune esperienze di azioni di sistema indicano la necessità di un punto centrale di regia in grado di attivare le competenze istituzionali, economiche e professionali ai vari livelli.
La messa a punto di un sistema di verifica ex ante dei requisiti è un valore aggiunto della sperimentazione soprattutto se si configura in termini di piattaforme e flussi di scambio dati digitali. E’ evidente il vantaggio di semplificazione, minor carico di lavoro burocratico. In realtà la previsione di un sistema informativo sociale è già disposto normativo realizzato in maniera frammentaria.
Un elemento di sistema da integrare è la messa a disposizione di assistenza tecnica, come formazione/informazione, affiancamento, supporto soprattutto ai comuni/ ambiti interessati.
Dentro l’assistenza tecnica va prevista anche la predisposizione e attuazione di un piano di comunicazione nazionale e territoriale e di monitoraggio continuo.
A riguardo possono essere coinvolte in maniera fortemente coordinata le attuali agenzie tecniche nazionali, ognuna per la sua attuale missione e competenza professionale. Rimane da valutare in prospettiva l’utilizzabilità del progetto previsto dalla legge delega dell’Agenzia nazionale della politica attiva del lavoro, laddove è prevalente nella sperimentazione l’inclusione socio lavorativa.
L’affidamento per avviso pubblico introduce qualche perplessità riferita ai tempi ma soprattutto alla necessità di avere a disposizione nel breve, medio, lungo periodo una struttura competente e fidelizzata da parte della Amministrazione delle politiche di inclusione attiva.
Le esperienze territoriali di successo evidenziano la necessità di avere a disposizione reti operative dedicate al contrasto alla povertà. La presenza di attori privati è molto diffusa in tutto il territorio nazionale. Da tendere a generalizzare è l’integrazione pubblico-privato, priorizzando l’intervento sulle aree meno attrezzate. E questo un compito che può essere svolto nell’ambito dell’assistenza tecnica.
Condividiamo quindi la logica “entrista” di progressiva realizzazione di un sistema SIA, che significa un’azione più complessa ed articolata della semplice normazione e messa a disposizione di finanziamenti, perché tende a riconvertire gran parte della struttura delle politiche sociali in Italia nella direzione dell’assistenza generativa.
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I Per quanto riguarda l’illustrazione delle due carte sociali, vedi in Newsletter Nuovi Lavori, per la prima, M.Conclave, Al via la carta acquisti, NL ANL n. 12; per la seconda, vedi A.Geria, L.Ricciardi . Troppo diverse le proposte in campo, avviare la nuova social card. NL ANL
II Vedi relazione di Cristina Berliri al convegno SpesLabor e articolo di Sveva Battistoni su News Nuovi Lavori del 30 gennaio 2015.
III Il Decreto legge del 9 febbraio 2012, n.5 convertito dalla legge del 4 aprile 2012, n. 35 introduce la nuova Carta Sociale.
La Legge n. 35 del 2012 rinvia al decreto del 10 gennaio 2013 (Attuazione della sperimentazione della nuova carta acquisti) del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, per la definizione delle modalità attuative.
L’estensione della sperimentazione alle regioni meridionali (decreto-legge del 28 giugno 2013, n. 76 )
Le somme stanziate sono di 140 milioni di euro per l’anno 2014 e di 27 milioni di euro per l’anno 2015
Proseguimento della sperimentazione nel triennio 2014-2016 con estensione alle parti del territorio nazionale non coperte (Legge di Stabilità 2014 del 27.11.2013, n° 1120). Vengono stanziati 40 milioni di euro l’anno. Vedi Il monitoraggio dei PSdZ nei comuni oggetto della sperimentazione della nuova social card. Simona Tenaglia
IV Per quanto riguarda i contenuti, i potenziali effetti sull’accesso ai servizi e alle provvidenze sociali, agli sviluppi della gestione della sentenza del TAR del Lazio, vedi http://www.handylex.org/gun/ISEE_Tar_Lazio_2015.shtml
V Vedi : Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ufficio Stampa, Politiche sociali: Social Card Disoccupati 2015; Ministero, non è ancora possibile presentare domande. http://www.lavoro.gov.it/AreaComunicazione/comunicati/Pages/20150126-socialcard-.aspx.
VI Vedi Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Direzione generale per l’inclusione e le politiche sociali, Primi dati della sperimentazione del Sostegno all’Inclusione attiva, 1 settembre 2014. Nei dati non è presente il Comune di Roma che ha ultimato successivamente l’iter procedurale.
VII Vedi le seguenti tabelle e grafici
VIII M.C. Guerra, in quanto Viceministro, ha messo a punto la sperimentazione della NSCIA all’interno della proposta generale del Sostegno all’Inclusione Attiva (SIA). E’ intervenuta successivamente in più occasioni, sullo sviluppo della sperimentazione, in veste ancora istituzionale e non, confrontandosi direttamente con le tesi di C.Saraceno nell’ambito de “lavoce.info”. A riguardo vedi: Maria Cecilia Guerra, Raffaele Tangorra, Le difficoltà della “nuova social card”? Una sperimentazione che insegna molto. Maria Cecilia Guerra, Non ancora “Sia” ma non certo vecchia politica. Intervista a cura di Stefano Ronchi, SIA: l’ennesima occasione mancata. Ne parliamo con Chiara Saraceno. Chiara Saraceno, La risposta al viceministro.
IX Il Parlamento non ha consentito la continuità nella gestione del servizio delle carte sociali in capo a Poste italiane spa, nelle more del perfezionamento della gara per l’individuazione del nuovo gestore. Ciò ha fatto slittare i tempi per poter emettere le nuove carte.
X Progetti di carta sociale fatti in precedenza prevedevano una governance centrale con l’attivazione esclusiva del Terzo settore. Vedi F.Corbisiero, La social card affidata agli enti caritatevoli, NL ANL, n.61, 15.02.2011.
XI Vedi: Chiara Agostini, La sperimentazione della Nuova Carta Acquisti: il caso di Torino, in lavoce.info.9.2.2015.