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Industry 4.0: limiti ed opportunità per la manifattura italiana

Da molto tempo ci si interroga sulle cause profonde della bassa crescita del nostro sistema economico e sulla perdita di produttività delle nostre imprese industriali. 

Il tessuto manifatturiero del paese tra il 2007 e il 2014 ha visto crollare il valore aggiunto del 17% con una perdita di 660 mila occupati, indebolendo il motore della crescita del paese. La manifattura nonostante pesi sul totale dell’economia italiana per circa un sesto del valore aggiunto (il 15,4% nel 2014), rappresenta ancora oggi il nodo centrale degli scambi tra i diversi settori, attivando una insostituibile domanda di input produttivi da altri comparti e generando la gran parte della capacità innovativa del sistema produttivo. 

La mancata trasformazione competitiva digitale può senza dubbio essere inserita tra le principali cause dei ritardi accumulati in questi anni  e rappresenta oggi una delle grandi sfide per il nostro paese, sia in termini di investimenti da realizzare sia in termini di recupero di competitività del nostro sistema manifatturiero. 

Gli investimenti digitali rappresentano oggi nei principali paesi europei il 6,4 % del PIL mentre in Italia raggiungono solo il 4,7%, evidenziando un gap digitale italiano stimabile in circa 25 miliardi di euro l’anno di mancati investimenti. Tali mancati investimenti hanno determinato, a partire dal 2000, un preoccupante allargamento della forbice nell’accumulazione di capitale ICT tra l’Italia e gli altri paesi industrializzati e sono alla base del crollo della produttività media delle imprese italiane rispetto ai principali competitors. 

Per queste ragioni, l’Italia non può più rinviare l’impegno di dotarsi di un disegno di sviluppo di lungo periodo e di una strategia coerente di politica industriale, che incorpori l’approccio Industria 4.0 e che sia in grado non solo di sostenere la vocazione manifatturiera del Paese, ma anche di governare le trasformazioni della società. 

Anche l’Italia è chiamata, infatti, ad un riflessione (ancorché tardiva) sulle potenzialità di un nuovo modello di manifattura, sulle condizioni per la sua declinazione nazionale e sugli interventi necessari nel breve e nel medio-lungo termine affinché il sistema produttivo sia protagonista del cambiamento tecnologico.

Non sorprende, d’altronde, che il tessuto industriale italiano, anche nelle aree più industrializzate del Paese – come Lombardia, Emilia Romagna e Toscana – si riveli ancora “inconsapevole” di cosa sia Industria 4.0: per molte imprese resta un’enunciazione di principio e di interesse, per poche altre è un tema da approfondire e/o intorno al quale costruire realmente una strategia imprenditoriale. 

C’è quindi un tema chiave di “sensibilizzazione” del tessuto imprenditoriale che va affrontato per far conoscere le caratteristiche fondamentali di Industria 4.0 e i principali abilitatori tecnologici, oltre che per sfruttare la presenza di alcune best practices che evidenzino le opportunità offerte dalla trasformazione digitale sullo sviluppo del business.

Ma se l’azione di sensibilizzazione è fondamentale, ad essa deve accompagnarsi una serie di misure, alcune più generali di politica industriale e altre più specifiche, per far sì che il sistema industriale del Paese, da un lato, sia in grado di declinare adeguatamente il modello di Industria 4.0, cogliendone le opportunità e le potenzialità, ma, dall’altro, riesca a portare avanti un modello di sviluppo comunque incentrato sull’innovazione e sulla conoscenza.  

  • Ricerca e innovazione 

Come si è visto in precedenza, Industria 4.0 ha alla base un investimento forte sui temi della ricerca e innovazione. 

Per questo, affinché l’Italia possa beneficiare della trasformazione digitale e tecnologica della manifattura, è necessario intervenire sin da subito a sostegno della domanda di innovazione delle imprese. 

In quest’ottica, pertanto, sarebbe opportuno prorogare le attuali misure di incentivazione e detassazione per stimolare gli investimenti delle imprese. Si pensi alla Nuova Sabatini, misura che utilizza lo schema finanziario per stimolare l’acquisto di macchinari e tecnologie digitali abilitanti, o il c.d. Superammortamento, che consente di dedurre ai fini delle imposte sui redditi un costo figurativo, per gli investimenti in beni strumentali nuovi. Entrambe le misure scadono a fine 2016 ed è opportuno prorogarle. Inoltre, si potrebbe pensare ad introdurre un credito di imposta per la digitalizzazione e ad utilizzare meccanismi di risk-sharing facility per finanziare, con un ruolo attivo di Cassa Depositi e Presiti, investimenti di innovazione digitale e trasformazione tecnologica. 

Nel contempo, per poter alimentare una trasformazione costante del tessuto industriale verso modelli di Industria 4.0, occorre incidere a monte sul funzionamento del sistema della ricerca e dell’innovazione, per alimentare quel trasferimento della conoscenza, al centro del modello di sviluppo della Germania. 

Bisogna, infatti, supplire alle difficoltà che le PMI, soprattutto se micro e in alcune filiere particolari (es. l’agroalimentare), incontrano nel sostenere investimenti in innovazione, così come nell’individuare i soggetti pubblici o privati cui far riferimento per soddisfare la propria domanda di innovazione tecnologica e digitale. 

Per questo, è fondamentale agire sul fronte del trasferimento della conoscenza, dando vita sul territorio a Digital Innovation Hub, in partnership pubblico privata, dove le imprese possano contaminarsi con tecnologie e business service digitali e cominciare a sviluppare nuove soluzioni e modelli di business. Il ruolo di questi hub, di cui anche l’UE parla diffusamente, è quello di aiutare le aziende a conoscere le soluzioni esistenti e a capire come le nuove tecnologie alla base di Industria 4.0 possano supportare il business, nonché individuare le competenze e le tecnologie da acquisire in tutte le fasi della creazione del valore.

  • Formazione e capitale umano

Un modello di Industria 4.0, caratterizzato da un elevato grado di innovazione e sviluppo/trasferimento tecnologico, deve poter contare su capitale umano qualificato e investire sulle competenze. 

Da questo punto di vista, affinché Industria 4.0 riesca effettivamente a diffondersi nel sistema produttivo, è fondamentale che per prima la stessa classe dirigente delle imprese sia attivamente coinvolta, dimostrando di essere in grado di governare la trasformazione organizzativa e gestionale delle imprese. 

È necessario, quindi, puntare sulla competenza e la tecnica di figure professionali e manageriali formate, autonome e responsabili, che siano in grado di rafforzare la competitività delle imprese italiane. Ciò, potrà essere possibile, ad esempio, stimolando la formazione digitale delle figure dirigenziali in azienda, anche ideando bandi specifici di Fondimpresa, nonché inserendo nel contesto aziendale soggetti come i “digital enablers” in grado di diffondere le conoscenze e competenze digitali necessarie. 

A livello universitario, è essenziale potenziare la formazione nelle materie STEM all’interno delle Università e individuare programmi e modalità per rendere maggiormente “attrattivi” questi insegnamenti agli studenti. Ciò è, altresì, centrale per creare quelle competenze che rispondano adeguatamente alla domanda delle imprese che vogliano realizzare investimenti privati in ricerca e innovazione. Su questo fronte, alcuni esperimenti per l’inserimento dei ricercatori all’interno delle aziende sono stati realizzati con la collaborazione di Confindustria (programma PhD –High Talent), la cui attuazione e stabilizzazione nel futuro può contribuire ad alimentare lo sviluppo e la diffusione un modello di Industria 4.0 nel Paese. 

Sul fronte occupazionale, lo sviluppo di Industria 4.0 potrebbe avere effetti nell’immediato sui livelli occupazionali, per via di una progressiva sostituzione dell’uomo da parte delle macchine nello svolgimento di alcune mansioni. In quest’ottica, è necessario fare due considerazioni preliminari per ridimensionare i timori diffusi. In primo luogo, con le precedenti rivoluzioni industriali sono diventati obsoleti molte professioni e mestieri, ma sono anche nate molte figure professionali e tecniche nuove, capaci di rispondere all’evoluzione della domanda delle imprese. In secondo luogo va evidenziato che cercare di frenare i cambiamenti e rallentare il processo di trasformazione dell’industria italiana in chiave 4.0, rischierebbe di porre il Paese nelle retrovie delle potenze manifatturiere, con effetti ben più gravi sull’occupazione. 

  • Nuove Catene del valore e crescita dimensionale delle imprese

Punto di forza del modello tedesco di Industria 4.0 è la possibilità di sfruttare le filiere integrate e la presenza di imprese di medie e grandi dimensioni che operano come “promotori” o “campioni” della trasformazione. 

È, quindi, essenziale che anche in Italia si portino avanti iniziative finalizzate a favorire la crescita dimensionale delle imprese, in modo tale che possano effettivamente realizzare nuovi investimenti sul modello 4.0, anche ricorrendo a finanziamenti diversi dal canale bancario tradizionale (mercato dei capitali etc.), e portare avanti un processo di trasformazione di lungo periodo.

In questo contesto, oltre ai tradizionali strumenti per la capitalizzazione, un ruolo chiave lo rivestono le forme di aggregazione tra imprese e in particolare le reti di impresa, cui Confindustria già da tempo dedica forte attenzione. L’aggregazione in rete è, infatti, in grado di sostenere il processo di digitalizzazione delle imprese manifatturiere grazie ad alcuni vantaggi specifici, quali:

  • la capacità di “fare massa critica” per modernizzare la propria dotazione tecnologica e migliorare le competenze del personale coinvolto;
  • la possibilità di condividere standard, linee guida, strumenti e un linguaggio comune;
  • la condivisione delle risorse umane necessarie per adeguarsi ai nuovi standard;
  • l’opportunità di sviluppare soluzioni innovative nel campo dell’informatizzazione dei prodotti e dei processi specifici per la realizzazione del programma comune di rete;
  • la possibilità di sviluppare manualistica comune e formazione comune per il personale delle aziende della rete.
  • Infrastrutture di rete

Industria 4.0 necessita di infrastrutture di rete affidabili e veloci che possano sostenere sul territorio la diffusione delle tecnologie digitali. È, quindi, strategico indirizzare gli investimenti del Piano di Diffusione della Banda Ultra-Larga, soprattutto verso le aree e i distretti industriali, molti dei quali sono oggi classificati come aree a (totale o parziale) fallimento di mercato. Pertanto, occorre colmare questo ritardo per evitare che la carenza di infrastrutture di comunicazione a BUL sia un ostacolo decisivo alla crescita della manifattura italiana.

  • Industria 4.0 e l’UE: standard, interoperabilità e sicurezza

Il tema degli standard, in particolare, riveste assoluta importanza per lo sviluppo di Industria 4.0. Esso, infatti, è lo strumento in grado di garantire l’interazione effettiva M2M, Bene-prodotto, impresa-impresa, assicurando all’informazione (che costituisce il fattore produttivo chiave di Industria 4.0) di essere raccolta, analizzata, gestita e trasmessa. 

Da questo punto di vista, è fondamentale collaborare alla definizione di protocolli e standard condivisi a livello europeo che assicurino la piena interoperabilità tra soggetti e processi, avvalendosi delle competenze di enti di normazione come ISO, CEN, UNI. Si tratta di un profilo cruciale sia per promuovere l’effettiva integrazione delle filiere produttive, sia per evitare eventuali posizioni di vantaggio competitivo all’interno del mercato interno di beni e servizi. 

Infine, occorrerà un impegno massivo sul fronte della sicurezza dei dati – personali e industriali – e delle reti (cyber security). Su questi temi, è importante avviare una riflessione finalizzata, da un lato, a garantire la tutela delle informazioni; dall’altro, assicurare la giusta flessibilità e la velocità dell’informazione che sostengono l’architettura di un processo produttivo di tipo Industria 4.0. 

 

  (*) Direttore Politiche Industriali Confindustria

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