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Governo sindacati un nuovo, positivo, metodo

L’accordo del Governo con Cgil-Cisl-Uil sulle pensioni segna una svolta nel rapporto tra il governo Renzi e le organizzazioni sindacali, il ritorno pieno ad un tavolo di trattativa. Non è certo un ritorno alla concertazione degli anni novanta ma è una smentita forte e importante alla pretesa di autosufficienza del governo in materia sociale e alla emarginazione del sindacato. Si è trattato di una trattativa vera, durata mesi, in cui il complesso dei punti sui quali intervenire si è progressivamente allargato.

Un secondo, ma non meno importante, elemento da sottolineare è che da anni non vi era una trattativa sulle pensioni che non si concludesse con uno scambio, nel migliore dei casi, o con un solo dare da parte dei pensionandi/pensionati per rendere più sostenibile il sistema pensionistico e/o per ridurre i problemi di finanza pubblica. Con questo accordo i pensionandi/pensionati hanno solo preso. Certo si può discutere sul quantum e lo si può ritenere insufficiente rispetto a tutti i problemi prodotti dai numerosi interventi del passato, ma un primo e positivo passo nell’affrontarli è stato fatto.

Quest’ultima considerazione ci porta a sottolineare un terzo elemento positivo nell’accordo. Non si è limitato ad intervenire sulla sola flessibilità in uscita, che pure era il tema che più attenzione ha sollevato, ma è intervenuto su altre tematiche critiche derivanti non solo dalla legge Fornero ma anche dagli interventi fatti da Maroni e da Sacconi tra il 2004 e il 2011.

L’Ape

Fin dall’inizio della trattativa il Governo ha chiarito che non vi era alcuna possibilità di riformare la “Fornero” per consentire uscite anticipate di lavoratori a carico dello stato. La finanza pubblica non era/è in grado di affrontare i relativi costi immediati mentre il loro riassorbimento in più di 20 anni, conseguente al minor rateo pensionistico non è accettato, dall’Unione Europea. Ha quindi proposto l’Ape (anticipo pensionistico) che prevede, per il periodo di anticipo del pensionamento, l’erogazione di un “reddito ponte” finanziato da un prestito ottenuto da una banca. Prestito da restituire, unitamente agli interessi e al costo dell’assicurazione per premorienza (che rende libera dal rateo l’eventuale pensione ai superstiti), nell’arco di 20 anni a partire dalla data di maturazione dei requisiti pensionistici di vecchiaia.

La trattativa ha quindi riguardato la durata massima dell’anticipo e i costi per il lavoratore. L’accordo prevede che dal 2017 i lavoratori potranno accedere all’Ape a partire da un età di 63 anni, con un anticipo di 3 anni e 7 mesi rispetto ai requisiti di vecchiaia. Il costo per il lavoratore, in termini di trattenuta sul rateo pensionistico, dipenderà dall’ammontare del reddito ponte richiesto tenendo conto che sarà esente da imposta e che potrà essere ridotto da un eventuale ricorso a un anticipo del montante accumulato in un fondo pensione. L’accordo prevede infatti un intervento del governo per consentire e facilitare fiscalmente un anticipo del montante da parte del fondo pensione.

Tutti i lavoratori potranno accedere volontariamente all’Ape affrontandone i costi, ma per alcune categorie è prevista un’Ape agevolata nella quale i costi saranno totalmente o parzialmente assorbiti dal governo attraverso bonus fiscali o interventi monetari. In questi casi i lavoratori non subiranno effetti (o solo parzialmente) sui loro ratei pensionistici a causa dell’uscita anticipata. L’accordo prevede che i soggetti beneficiari dell’Ape agevolata sono le persone prive di lavoro che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali e alcune altre categorie che dovranno essere individuate in una successiva trattativa tra i soggetti in gravi condizioni di salute, i lavoratori che svolgono attività gravose e i lavoratori che svolgono particolari attività di cura.

E’ infine prevista un’Ape legata alla ristrutturazione delle imprese o comunque nella quale le imprese con accordi collettivi possono assumere a loro carico il costo dell’anticipo di reddito.

Non è la riforma della Fornero ma i sindacati hanno fatto di necessità virtù cercando di ridurre i costi dell’anticipo per le categorie più deboli del mondo del lavoro.

La Ricongiunzione

L’accordo pone rimedio alla norma Sacconi (legge 122/2010) che ha reso onerosa la ricongiunzione dei contributi presso l’Inps. La ricongiunzione torna ad essere gratuita con il diritto al calcolo della pensione secondo il sistema (retributivo o contributivo) operante in base alla propria anzianità contributiva. Riguarderà anche i contributi nella gestione separata e opererà sia per la pensione di vecchiaia che per quella anticipata.

Lavoratori precoci e penalizzazioni

Sono state eliminate le penalizzazioni previste dal 2018 nel caso di pensionamento prima del 62 anni d’età. Per i lavoratori precoci (quelli con almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni che usufruiranno comunque dell’eliminazione delle penalizzazioni) l’accordo prevede la possibilità di accedere al pensionamento con 41 anni di contributi, in luogo in luogo dei 42 e 10 mesi oggi previsti. Il risultato è acquisito per i precoci disoccupati senza ammortizzatori mentre per i lavoratori occupati in attività particolarmente gravose l’individuazione delle attività a cui la norma sarà estesa è demandata a un successivo round negoziale.

Lavori usuranti

I lavoratori che svolgono attività usuranti hanno ottenuto l’eliminazione delle finestre (introdotte nel 2007 e allargate nel 2010) con un guadagno immediato di 12/18 mesi di anticipo di pensionamento effettivo, l’eliminazione dell’adeguamento dell’età di pensionamento alla speranza di vita, e una semplificazione dei vincoli temporali per determinare l’accesso al beneficio.

Pensionati

Per quello che concerne i pensionati si è chiusa la differenza in campo fiscale creata da Tremonti nel 2003 tra la no tax area dei lavoratori dipendenti e quella dei pensionati e si è tornati alla parificazione fiscale tra le due categorie. Si è inoltre allargata la platea di coloro che potranno percepire la quattordicesima mensilità (prevista dall’accordo del 2007) portando il limite di pensione per percepirla da 1,5 a 2 volte il trattamento minimo (ai 2,1 milioni che oggi la percepiscono si dovrebbero aggiungere altri 1,2 milioni di pensionati)  e si è aumentato l’ammontare della prestazione. La parte relativa ai pensionati è quella che ha sollevato le critiche preventive di Boeri e quelle successive di Maurizio Ferrera. Entrambi sostengono che con questo intervento non si opera a favore dei pensionati più poveri rappresentati da coloro che percepiscono le pensioni minime. I due economisti trascurano il fatto che l’accordo sui pensionati mira a difendere il potere di acquisto, l’adeguatezza, delle pensioni ed è commisurato all’anzianità contributiva e all’ammontare della pensione dei lavoratori dipendenti e autonomi. Altri sono gli interventi richiesti per misure contro la povertà.

La Fase II

Con l’accordo sono stati infatti affrontati numerosi problemi del nostro sistema pensionistico ma vi sono altri punti di sofferenza su cui il governo si è impegnato a discutere in una cosiddetta Fase II. Questi punti riguardano la valutazione dell’introduzione di una pensione di garanzia  per l’adeguatezza delle pensioni basse (in un quadro di possibile riduzione del cuneo contributivo), interventi volti a rafforzare la previdenza complementare nel settore privato e in quello pubblico, una valorizzazione del lavoro di cura ai fini previdenziali, una valutazione del meccanismo automatico di adeguamento dell’età di pensionamento alla speranza di vita (con particolare riguardo alle diversità categoriali della speranza di vita), una revisione del requisito minimo di importo (2,8 volte l’assegno sociale) per accedere alla pensione anticipata. Infine il governo si è impegnato a tornare al meccanismo di perequazione delle pensioni per scaglioni di importo anziché per fasce d’importo e a valutare la possibilità di un diverso indice dei prezzi per la perequazione.

Sono problemi complessi che richiedono ulteriori risorse finanziarie, ma che se affrontati e risolti porterebbero sensibili miglioramenti alla sostenibilità sociale del nostro sistema pensionistico. L’auspicio è che in ogni caso la Fase II trovi effettiva attuazione.

 

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