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Sindacalista puro, credente convinto

Ci siamo ritrovati qui questa mattina per dare l’ultimo saluto al nostro fratello Pierre, presentarlo davanti al volto di Dio, per ringraziare il Signore di avercelo dato…

Io non ho avuto la fortuna di incontrarlo, di conoscerlo personalmente; molti di voi qui presenti sarebbero più qualificati di me per tratteggiare la figura, la personalità, la spiritualità, il servizio di Pierre a difesa degli ultimi. Molto bella la definizione che ho trovato sui giornali: “Cattolico impegnato ed un operaista”. 

Io sono stato invitato a presiedere questa Eucaristia – credo – per il mio servizio nella Caritas di Roma, in nome della “Caritas “, che vuol dire carità come amore per Dio e inseparabilmente amore per l’uomo, immagine e somiglianza di Dio fino dalla prima pagina della scrittura ebraico-cristiana. Coloro che mi hanno chiesto questo servizio, ricordando i pensieri di Pierre Carniti  “ l’ occuparci dei più deboli, l’andare oltre la quotidianità del mestiere, ridistribuire il lavoro e la ricchezza, il governare i nuovi processi di digitalizzazione, costruire un mondo migliore, con un po’ più di uguaglianza e di giustizia sociale” lo hanno visto come l’uomo, il cristiano che, avendo ascoltato le parole di Cristo “…va e anche tu fa lo stesso”,  può certamente essere definito il difensore dei poveri. 

Non lo ho conosciuto di persona, dicevo, ma chi lo ha conosciuto e frequentato mi dice che Pierre Carniti è stato un vero servitore anche della carità, dell’amore sostanziale, senza ostentazioni di sorta, come capacità di pensare agli altri, di difendere gli altri che sono senza difesa, di reclamare in nome degli altri, soprattutto dei poveri, dei giovani, degli abbandonati da tutti. 

Una volta si parlava di classe operaia e i sindacati apparivano da quella parte, oggi non si parla più di classe, ma i poveri, uomini e donne, i giovani e disoccupati e senza reddito, gli immigrati senza accoglienza ci sono sempre, e sempre di più; bussano non solo alle nostre porte ma soprattutto alla nostra coscienza.

 Diamo l’ultimo saluto a Pierre Carniti: chi con lui ha lavorato anche intellettualmente, mi dice,  che la sua fede cristiana era autentica, senza clericalismi, senza cedimenti nostalgici, senza richiesta di tutele clericali dove non sarebbero state giuste: mai la fede al servizio del potere e neppure strumentalmente usata per la lotta contro i poteri ingiusti. 

Laicità cristiana come capacità di distinguere ciò che è di Cesare e dei governati da Cesare, ogni Cesare legittimo e rispettoso della libertà dovuta, e ciò che è di Dio e tocca la profondità della coscienza libera di ogni persona e soprattutto delle persone che pur cittadini come tutti hanno particolare bisogno di essere difesi.

Leggo le agenzie su di lui: “sindacalista puro”! Che vuol dire, che nel suo caso, quella purezza è davvero realtà constatata da tutti. Lo dice chi ha vissuto con lui: nessuno mai ha potuto impadronirsi del pensiero, dei sentimenti e del cuore di Pierre Carniti, che da lontano appariva sempre controllato e persino sempre ironico con chi pretendeva di essere lo scopritore delle novità strumentali…

Dove collocarlo allora, con rispetto e amicizia – siamo qui anche per questo – in questo pensiero di saluto che avviene nella luce della fede e della promessa di resurrezione?

La mia mente va spontaneamente a due pagine del Vangelo. La prima è quella delle Beatitudiniche annuncia il rovesciamento dei criteri del potere mondano: “beati i poveri nello Spirito”, che non vuol dire quelli che fanno finta di essere poveri ma poi vivono diversamente, anche alle spalle dei veri poveri. Vuol dire anche e soprattutto coloro che si fidano totalmente della loro coscienza illuminata dalla fede reale, magari non esibita, da sfidare l’apparenza contraria di questo mondo: di essi è il Regno dei Cieli…

Ma qui ed ora non basta! C’è un’altra pagina del Vangelo che forse disegna ancora meglio la realtà di quello che può essere visto in tutta l’opera di una persona come Pierre Carniti: cristiano integrale, lui aveva capito,  magari senza neppur mai soffermarsi con particolare insistenza, quello che abbiamo ascoltato poco fa nel Vangelo di Matteo al capitolo 25. Papa Francesco ha detto spesso che “qui è il nucleo cui nella fede cristiana tutto si riduce”! Il significato di quel “beati”, di quel “venite benedetti dal Padre mio perché avevo sete e mi avete dato da bere, avevo fame mi avete dato da mangiare, ero nudo e mi avete vestito, ero forestiero e mi avete accolto”… dice che ciò che contanon è che, magari, hai frequentato il tempio, ogni tempio laico, e ce ne sono anche troppi, e anche religioso, ma non hai riconosciuto la presenza del Dio vero nel piccolo abbandonato, nel povero disprezzato, nell’affamato lasciato morire, e nell’immigrato abbandonato alle onde del mare che chiamiamo “nostrum”, diventato un cimitero all’aperto..

Allora …la verità è altra: “quello che avete fatto a uno di questi piccoli lo avete fatto a me!” Ecco. 

Qui ed ora, in questo saluto comune e diversificato in tanti di noi, si potrebbe quasi affermare che tutta l’azione e tutto il pensiero– c’era! Un pensiero colto e informato, curioso… qualcuno ha scritto di lui “intellettuale raffinato” – di Pierre Carniti possono riassumersinella coscienza forte,  magari non spesso proclamata, ma avvertita come essenziale del fatto che quello che conta nella vita di ciascuno di noi non è solo e non tanto conoscere Dio, ma soprattutto riconoscerlo nell’ultimo, dimenticato da tutti, che ci si presenta davanti, nel disoccupato che chiede di essere difeso, nel piccolo che chiede di essere protetto, nell’anziano che corre rischio di essere abbandonato. “Venite benedetti dal Padre mio perché è vostro il regno dei cieli”: una parola di speranza eterna che non contrasta le speranze terrene, ma le alimenta con il servizio agli ultimi. 

Questo – pare una novità, ma è Vangelo – vuol dire, conoscendolo o non conoscendolo, essere veramente al servizio di Dio e riconoscere nell’uomo che ti si accosta l’immagine di Dio. E questa è anche la condizione per riconoscere e rispettare nel modo dovuto quella immagine di Cesare che è stampata sulle cose di questo mondo: è la laicità autentica vissuta da un credente,  da un cristiano, da un sindacalista e riconosciuta da tutti noi qui. La riconosciamo nel ricordo di una vita che è stata autenticamente al servizio, anzi un servizio all’uomo nella luce più o meno esplicitamente riconosciuta della stessa presenza di Cristo Salvatore.

Prima di terminare permettetemi, però,  che io mi faccia ad alta voce una domanda: cosa avrebbe detto Pierre Carniti – oggi – dell’uccisione – domenica scorsa – di Soumayla Sacko, che viveva nella “lamieropoli” nella piana di Gioia Tauro? Cosa avrebbe gridato davanti alla tendopoli, che tutti guardano ma nessuno vede,  dove vivono tanti migranti costretti a lavorare in condizioni di schiavitù. Di Soumayla Sacko hanno scritto: “ era un cittadino, un bracciante, aveva una figlia di cinque anni. Era impegnato nella lotta allo sfruttamento ed lavorava per un salario di tre euro l’ora al giorno. Era un uomo, un lavoratore e un sindacalista. E’ stato assassinato”. 

Si sono certamente incontrati – morti quasi nello stesso momento – davanti al volto di colui che tutti ama. 

Per Pierre preghiamo. Ma anche per tutti i Sacko, che Pierre ha difeso in vita. Al Signore  raccomandiamo qui la realtà vissuta e da noi stimata ed amata di Pierre: sindacalista puro, cristiano convinto senza clericalismi, intellettuale capace di servire gli ultimi senza dimenticare nessuno. Riposi in pace!

*Direttore Caritas di Roma, omelia al funerale del 07/06/2018

 

 

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