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Il pensiero politico di David Sassoli

“Senza la materia il nostro slancio spirituale si smarrirebbe nel sogno o nell’angoscia”. È con queste parole che Emmanuel Mounier apriva il primo numero di “Esprit” nel 1932, una rivista letteraria francese nata con l’obiettivo di promuovere una “comunità di personalità” in opposizione non solo all’individualismo liberale e capitalista ma anche al collettivismo delle società di massa. 

È su queste fondamenta, su quel solco intellettuale portato avanti da figure come Mounier, Domenach e da Jacques Maritain che inizia a muoversi il pensiero di David Sassoli, una riflessione che parte da lontano e che, sulla scia di Giorgio La Pira, Don Lorenzo Milani, si sviluppa negli anni ’70 insieme agli amici della “Rosa Bianca” e sui riferimenti politici e culturali di Pietro Scoppola, Vittorio Bachelet e Paolo Giuntella. 

La complessità del suo pensiero si plasma dunque attorno ai principi del cattolicesimo democratico ma trova il suo compimento con i valori dell’antifascismo e della Resistenza, con il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, con quello straordinario “Messaggio agli europei” di Denis Rougemontdel 1948, con le grandi eredità politiche e culturali di Schuman, De Gasperi, Adenauer e soprattutto con quell’idea di un’Europa intesa come “destino comune”, unita nel segno della diversità e della riconciliazione tra i popoli.

David Sassoli è stato un grande politico e un acuto intellettuale ma, ancor prima una persona che ha creduto fortemente nella forza delle relazioni umane, nell’impegno costante a rafforzare il senso più profondo della fratellanza intesa come “amicizia sociale”, l’unica capace di coniugare i diritti con la responsabilità per il “bene comune”. 

Sassoli si è sempre speso per questo, per rafforzare la coesione europea, per far diventare il nostro continente protagonista e vero attore globale. 

E l’ha fatto non in modo teorico o astratto ma, al contrario, guardando alla complessità del presente, mettendo in campo un sincero e autentico realismo, proponendo soluzioni condivise e, al tempo stesso, innovative. 

Il suo vero obiettivo è sempre stato quello di avvicinare l’Europa ai cittadini, di ridurre le distanze, di “farla diventare prossima e utile” perché’ – come spesso ripeteva – “una democrazia che arriva in ritardo è una democrazia che non si farà mai amare”. 

Sassoli, con la sua testimonianza e il suo agire, ha dimostrato con i fatti che si può essere concretamente vicini alle esigenze della gente anche quando si ricoprono ruoli che ti possono portare lontano dalla reale percezione dei bisogni. Perché “l’Europa – come ebbe a dire nell’agosto del 2018 in occasione della commemorazione della strage di Sant’Anna di Stazzema – è l’orizzonte della vita dei nostri paesi. […] Ma un’Europa unita, solidale, un’Europa dei diritti, un’Europa sociale è un riferimento anche per gli altri, utile ad umanizzare i processi di globalizzazione”. 

Leggere la complessità con uno sguardo diverso, rilanciare il cantiere europeo, sostenere un’Europa capace di trovare pazientemente le giuste convergenze. Per Sassoli non solo non erano più concepibili le contraddizioni di un mondo globale senza regole, ma non era più accettabile “un’economia senza morale, uno sviluppo senza giustizia, una crescita a scapito delle nuove generazioni”. Sotto la sua Presidenza, segnata dalla pandemia da Covid-19, è riuscito a rafforzare e a difendere la dignità del Parlamento europeo, a sottolineare il senso più profondo della solidarietà europea e soprattutto a ribadire il rispetto dello Stato di diritto e dei valori democratici. 

In questi giorni si è scritto e detto molto di David Sassoli, non solo del suo carattere ma anche del suo modo di relazionarsi con il prossimo e di fare politica. Papa Paolo VI amava ricordare che “la politica era la più alta forma di carità”, intesa come amore per l’altro, a prescindere dalla religione professata, dalla propria cultura o dal colore della pelle. Penso che David Sassoli sia riuscito non solo ad incarnare perfettamente quel pensiero ma anche a dare concreta essenza alla politica intesa come servizio, come invito quotidiano a servirela propria comunità “con disciplina e onore”. Il suo garbo, il suo rispetto e la sua mitezza non erano solamente tratti caratterizzanti della sua personalità ma anche elementi chiave del suo agire. 

Scriveva Norberto Bobbio nel 1993 che “la mitezza non è sinonimo di remissività o umiltà”. La mitezza era considerata dal politologo torinese come un segno di forza e un antidoto alla degenerazione della politica. La vera sfida oggi è proprio questa: dimostrare autenticità e restituire credibilità alle Istituzioni con la concretezza delle proprie azioni. Esattamente come ci ha insegnato David Sassoli, un grande italiano e un grande europeo.

 

*Collaboratore di Sassoli al Parlamento europeo 

 

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